giovedì 15 ottobre 2020

Marco, 5 anni dopo - 15


 

Caro Marco

 

Varese, 20 giugno 2013 

Caro Marco,

ancora una volta la scrittura mi aiuta, mi permette di capire, di ricordare, di sostare. Mai avrei pensato di scrivere a te, ora, ma nella vita il mai non esiste. In questo momento, che mi vede ancora rifiutare la notizia, non coglierne l’effettiva portata, che mi trova in fase di totale speranza, alcuni sentimenti prevalgono. Anzitutto l’ammirazione nei tuoi confronti. Stai reagendo come io non saprei fare. Nel modo giusto, credo, vivendo come nulla fosse, nella speranza e nella dimenticanza di tutto il peggio che potrebbe essere. Non è facile. “E’ già un miracolo questo” ha detto Carla ieri, da voi, a cena.

L’altro giorno dicevi: “Prima o poi tutti devono combattere la loro battaglia. Ora è il mio turno. Non è giusto nemmeno pensare che capiti sempre agli altri.”

Io osservo, senza parole, i primi colpi di questa atroce battaglia.

Ieri sera hai detto fra l’altro: “Dicono che il Signore non ci manda prova che non siamo in grado di sopportare. Speriamo sia vero, Io chiedo di poter vivere il tempo che mi si apre davanti con onore, onorevolmente. Prego per questo.”

In te, caro Mock, leggo poca rabbia, io ne avrei tantissima, non vorrei vedere nessuno, mi chiuderei nel mio dolore, animale ferito chiuso in un angolo, e invece tu cerchi la compagnia, sei in grado di dimenticare, di minimizzare i fastidi che hai, di sopportare quell’estraneo di dodici centimetri che sta crescendo in te. In silenzio osservo i tuoi gesti, ascolto le tue parole. So che mi serviranno. Sto imparando da te, dalla tua sincerità. E prego, perché altro non so fare. Ti offro la mia ridicola, scarsa umanità.

La musica ti sta aiutando. Che tu possa ascoltarla, crearne il più possibile.


15-continua

 

 

Nessun commento:

Posta un commento