mercoledì 28 ottobre 2020

Marco, 5 anni dopo - 26


 

Giovedì 16 luglio 2015

Nella grande calura di questa estate che boccheggia penso a te, alla tua fatica, centuplicata (rispetto alla mia) dal male che avanza. Dovrai essere ricoverato. “Ho accettato il ricovero” hai detto l’altra sera “ma non lasciatemi morire lì.” E oggi su fb avvisi i tuoi amici del ricovero imminente ma li tranquillizzi: “Ho ancora troppi progetti per andarmene in fretta.”

Mi hanno fatto notare (una tua carissima amica) che tu ti sei accorto di quanto io viva male la tua malattia, e lei mi ha suggerito di regalarti serenità, non il mio volto tirato e le mie domande esistenziali, i miei dubbi su Dio. Tu hai bisogno di certezze. Tu regali certezze a noi.

 

 

Lunedì 20 luglio 2015

Il caldo imperversa, ma tu sei all’aria condizionata dell’Humanitas: almeno quella. Da due anni il mio primo pensiero del mattino è per te, le prime preghiere sono per te. Solo la nascita di mia nipotina Rebecca Zoe mi ha fatto dimenticare per qualche istante la tua pena. Mi sento portatore di una salute scandalosa, che non mi spetta, che non mi merito. La mia assenza di dolore mi pare fuori luogo. Domani verrò a trovarti.

 

 

Mercoledì 22 luglio 2015

Il gran caldo continua. Ieri da te, la morfina, i farmaci ti tenevano semiaddormentato. La tua giusta impazienza per una TAC che hai atteso tutto il giorno e che non è arrivata. La farai oggi. Il tuo desiderio che ti guardassero dentro, per capire, per inventare una nuova cura, almeno per farti soffrire di meno. Le tue parole misurate, affaticate, come affaticati sono stati i giorni passati, anche quelli con Ron e Doug. Tutto è fatica, una palla al piede che rallenta, che fa sudare. “Ho messo nuovi progetti più che altro per scaramanzia…” hai detto, scrollando il capo. Ti accarezzi l’addome gonfio, teso. Chissà cosa pensi davvero di questo tuo corpo che non risponde più, che si è fatto nemico invincibile, un corpo che non trovi più consono ai tuoi desideri. Ti ho lasciato mente stavi preparandoti alla cena, dopo una notte e un giorno di assoluto digiuno, liquidi compresi. Per niente. “Chissà la fame che avrai” ti ho detto. E tu: “Neanche tanta…” Poi hai chiesto a Gabriella se potevi farti un decaffeinato. E poco prima, disteso sul letto: “Tutto sommato non sto così tanto male….” e chiaramente avresti voluto aggiungere “è presto per morire…”

26-continua

 

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