(ph carlozanzi)
AFFLATO
IN SILLABE DI GIOIA
di
Umberto Belardinelli
Guardo
nel calice del rifiorito giglio
e
quasi vi scorgo un sole dimenticato
nel
tempo di un prossimo solstizio
per
la stagione buona della luce.
Qui
ora si prepara un orizzonte nitido
figlio
di un cielo terso senza nubi,
senza
la volontà del tuono,
voce
di fulmine e tempesta.
D’ogni
dolore è fatta la mia gioia
nata
al timore che traducesse in ozio
ogni
sua ora e riconosco le sillabe
cercate
nel suo nome,
pronto
a difendermi dalla prigione
dei
sargassi, nel mare del mio giorno.
Ascolto
un nuovo suono
come
la prima volta che il pensiero
crebbe
e plasmò la mia ragione
nella
felice adolescenza
ove
tutto era il poco, smisurato,
eterno
nella mia esistenza.
Oh
quante infantili gioie
il
mio ricordo custodisce!
Quanti
teatri vivi nel ripetersi dei gesti,
in
un pacifico riacquisto del vivere sereno,
nella
semplicità del battito del tempo,
nei
passi pigri del mattino,
nel
pane familiare della sera.
Ed
ora scuoto il sonno dell’attesa
come
se in ogni pena
si
possa disgregare l’onirica presenza
di
immagini confuse nella notte;
pregando,
invoco gioie in divenire,
per
vivere l’incanto di queste sillabe cercate
lungo
la traccia del bene cosmico,
dentro
l’istante in cui tocco l’infinito.
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