domenica 9 giugno 2019

L'infinito - 2

                                                                              colli marchigiani  (ph carlozanzi)



Sempre caro mi fu quest'ermo colle,
e questa siepe, che da tanta parte
dell'ultimo orizzonte il guardo esclude.

Così inizia la poesia L'infinito di Giacomo Leopardi, scritta duecento anni fa.
Credo che tutti abbiano un colle e una siepe, dietro la quale nascondersi in solitudine, sentirsi protetti e immaginare.
Io ne ho tante, ne ho avute tante, ma quando rileggo questa poesia mi torna alla mente la siepe della collinetta del campo di calcio dell'oratorio Molina di Biumo Inferiore. Anni 1962, 63, 64...sono alle elementari. La domenica mattina, dopo la Messa, mi recavo in oratorio, cortile di ghiaia, campo di basket, scale, campo di calcio, non so se andavo a destra (scale, orto del signor Luigi, papà di don Vincenzo) o a sinistra, dove uan strada in salita mi portava alla mia siepe, un angolo nascosto dall'erba e delimitato da alcuni pali in legno. Lì mi sedevo in solitudine: non avevo paura, anzi, stavo bene. Il mio infinito era un finito, cioè la partita di calcio della Cassiopea. Facevo la telecronaca, fingendomi Nicolò Carosio. Ammiravo i giocatori, soprattutto il portiere Bonina (allora giocavo in porta), l'attaccante Mascotto, i biondi fratelli Figini, Cesare Bernasconi.  

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