sabato 19 novembre 2022

I murales di Peppino


 








La questura di Varese si apre alla cittadinanza, non solo per svolgere il suo primario servizio, ma questa volta anche per regalare una boccata d’arte. Inaugurata ieri mattina, sabato 19 novembre, la mostra dal titolo ‘L’arte svelata nel palazzo della questura di Varese’. Tutto è partito anni fa, quando l’ex questore di Varese, Giovanni Pepè, nell’osservare il grande palazzo dalla caratteristica forma triangolare, con alta torre dell’orologio, sito in piazza Libertà a Casbeno, pensò: “E’ davvero bella la nostra questura, merita di essere valorizzata da tutti i varesini.” Da qui l’idea di riportare ad antico splendore l’arte muraria presente negli ampi locali dell’edificio, aprendo poi al pubblico la visita, affinché si sappia: anzitutto chi realizzò negli anni Trenta il grande palazzo, e cioè l’architetto romano, assai in voga allora, Mario Loreti, insigne professionista che realizzò piazze e palazzi soprattutto a Roma ma anche a Varese (tutta la rinnovata piazza Monte Grappa, già piazza Porcari, oltre al palazzo in questione) e nel resto d’Italia, e il pittore marchigiano, giunto a Varese per amore, Giuseppe Montanari detto Peppino, l’autore dei pregevoli affreschi. E allora ieri mattina la sala delle riunioni era davvero colma di varesini, che hanno ascoltato con interesse i numerosi interventi; hanno parlato le nipoti di Mario Loreti e di Peppino Montanari, la curatrice della mostra Serena Contini, il padrone di casa, cioè il questore Michele Morelli, l’ex questore che per primo immaginò l’evento, e cioè Giovanni Pepè, e poi il questore vicario Carlo Mazza, il sindaco di Varese Davide Galimberti, l’assessore alla cultura Enzo Rosario Laforgia….insomma, un lavoro di squadra che, dopo anni, ha portato a questa bella iniziativa culturale, aperta alla cittadinanza. Sarà possibile visitare la mostra sino al 15 marzo 2023, solo il sabato (9.30/12.30) e il mercoledì (15/18), con prenotazione obbligatoria a urp.quest.va@pecps.poliziadistato.it  (www.mostramontanari.it).

Non ha parlato in pubblico, ma lo ha detto a me, Raffaele Vedani, al cui padre si deve la conservazione dell’ampio murales della sala delle riunioni (vedi foto). Questi i fatti. Montanari realizzò i dipinti, come detto, negli anni Trenta, durante il ventennio fascista, grandi opere che attraverso l’arte mostravano un’idea, un percorso didattico verso un idem sentire politico: arte come un libro aperto per imparare e farsi convincere. Naturalmente, finita la guerra, Montanari ricevette l’invito a cancellare quel percorso didattico, a coprire con opportune pennellate ciò che andava coperto perché non più alla moda. Peppino si rifiutò, meglio, affidò l’incarico ad un suo giovane collaboratore, appunto al signor Vedani il quale, consapevole di ciò che stava facendo, utilizzò una particolare vernice coprente, che non avrebbe deturpato l’opera, permettendo in altri tempi di recuperarla. E così è stato. Perché – come hanno sottolineato sia Laforgia che Galimberti, entrambi uomini di sinistra – sarebbe un grave errore cancellare così il passato. Le immagini pittoriche alla questura di Varese sono un grande libro aperto, a disposizione ad esempio degli studenti, che possono conoscere cosa è stato il fascismo proprio ‘leggendo’ sui muri.

Un grazie a Fondazione Cariplo, a VareseVive e a Giuseppe Redaelli, alla Fondazione Comunitaria del Varesotto, a De Molli Giancarlo industrie spa.

 


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