Un giorno triste per me. Non posso considerarmi amico di Bobo Maroni, ma certamente suo coetaneo e autore del primo libro scritto su di lui, non compagno di idee
politiche ma ammiratore del suo coraggio, che lo portò alla fine degli anni
Ottanta a lasciare un lavoro sicuro, avvocato alla Avon, per affrontare la
rivoluzione leghista. Se penso a Bobo Maroni torno ad uno dei periodi più intensi
della mia vita: prof di ginnastica, padre di tre figli, giornalista
pubblicista, autore di alcuni libri...ecco, allora non dedicavo un’ora di sport
al giorno ma non ne avrei avuto il tempo. Mi alzavo alle 4 del mattino per
scrivere, quando nel mio appartamento c’era silenzio. Poi l’idea di un libro su
Maroni. Era il febbraio del 1994, seguivo il consiglio comunale a Varese come
giornalista del settimanale ‘Luce’, sindaco il leghista Raimondo Fassa, Maroni
assessore alla Polizia Urbana e insieme parlamentare a Roma, Maroni che rubava
la scena al senatur Umberto Bossi, Maroni che avevo conosciuto al liceo
classico ‘Cairoli’, un anno più di me, stessa sezione, la C, stessi professori.
Perché non pensare ad un instant-book su di lui? Magari diventava Ministro. Ad
aprile ci sarebbe stato il voto. Lo incontravo a Palazzo Estense, gli feci la
proposta, non disse né sì né no, fece il suo solito sorrisetto come a dire: -Se
riesci a starmi dietro, a intervistarmi, a fare qualcosa di decente per me va
bene. - E così partii. In due mesi scrissi oltre duecento pagine, alcune lunghe
interviste a lui nei luoghi e nelle ore più assurde, decine di interviste agli
uomini delle istituzioni, ai suoi prof, ai suoi amici, ai musicisti del
Distretto 51. Fui fortunato. La Lega vinse, lui divenne Ministro degli Interni,
maggio 1994. La sera stessa della notizia ero a casa sua, nella sua villetta di
Lozza, già presidiata dalle forze dell’ordine. Era in tuta grigia. Mi rilasciò
le sue prime impressioni, scrissi l’ultimo capitolo del libro, dopo pochi
giorni MARONI L’ARCIERE era nelle librerie. Bobo fu contento del mio lavoro ma
non fece nulla per farsi pubblicità, il libro avrebbe potuto vendere molto di
più, bastava un suo appoggio, una presentazione da Maurizio Costanzo, in Rai...Niente
di niente. Mi promise di offrirmi un caffè al Viminale ma saltò anche quello.
Resta la mia soddisfazione per un libro che considero un ritratto onesto e
veritiero di un personaggio che (il futuro lo ha dimostrato) valeva la pena di
essere valorizzato. Già, il futuro: la sua lunga carriera e, oggi, il cordoglio
unanime di tutti gli uomini della politica, amici e nemici, destra, centro
e sinistra. Si dirà: ‘Quando uno muore
se ne parla bene sempre.’ No, non è vero. E dopo il libro? Per un annetto lo seguii,
poi tornai alla politica locale. Ci si vedeva ogni tanto, come stai, il suo
solito sorrisetto, andava sempre bene per lui, anche in questi ultimi due anni,
quando la malattia lo ha fermato per sempre. L’ultimo incontro qualche mese fa,
alla presentazione di un libro ai Giardini Estensi. Pur provato dal male aveva
sempre voglia di scherzare. “Posso fotografarti?” gli dissi. “No, niente foto”
disse secco e io ci rimasi male. “Ma dai…” rispose col suo sorrisetto, e la
foto fu concessa. “Come stai?” gli chiesi. “Bene” rispose Roberto Ernesto
Maroni detto Bobo, che aveva da poco presentato il libro ‘Il rito ambrosiano’.
In effetti fra i suoi sogni giovanili, oltre alla rivoluzione (che doveva
essere di sinistra ma fu leghista) c’era una carriera di giornalista e
scrittore. E poco tempo fa è uscito anche un suo romanzo.
Ciao Bobo. Ti definivi ‘barbaro sognante’ ma per me resti un arciere,
capace di far centro nella vita, con il coraggio di lanciare frecce contro la
paura di rischiare.
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