Mercoledì 5 agosto 2015
Caro Mock, persino il mio defecare e urinare mi paiono un’ingiustizia, un privilegio che non mi
posso permettere, mentre tu tanto hai sofferto proprio a causa
dell’espletamento di queste funzioni così basse e così vitali….Ho fatto fatica
ad addormentarmi ieri sera ma ho dormito e ora sono qui. Fra poco sarò da te.
Mentre accarezzavo la mia gatta Amelie, prima di colazione, pensavo al
tuo amore per gli animali e mi ponevo questa domanda: “Quando una persona può
dirsi memorabile, cioè meritevole di memoria?” Quando è generosa, quando sa
andare oltre, esagerare, rischiare, quando mette i suoi talenti al servizio
degli altri, quando dimostra di credere in un ideale e di amare la vita, quando
sa volare, quando sa guardare in faccia alla morte...ciò che non sono io, ciò
che sei tu, caro fratellino mio.
Pensavo all’ultimo messaggio che hai inviato a Gabriella, sabato 1
agosto, poche parole, anche confuse, un errore di data, a dire della tua mente
tarlata dalla malattia, dai farmaci.
***
Ti accarezzo la mano destra, così abile con gli strumenti. Hai gli
occhi chiusi, in tre ore stamani li hai aperti solo pochi secondi, richiusi.
Ieri eri più vitale. Ti ho accarezzo la mano mentre il tuo vicino di letto, un
anziano con poca pazienza, inveisce: “Cazzo, anche la crocerossa, puttana eva!”
Ma lo capisco, la pazienza cede, diventare vecchi non sempre è un vantaggio. Quasi
mai lo è. E ripenso a stamani, Carla ed io, in silenzio, in discesa in auto dai
Ronchi verso Milano, con la tua musica nell’abitacolo, ‘Compasses and Maps’ e
commozione. E Gabriella che accetta il nostro consiglio, dal tuo tablet esce
musica di sottofondo, la tua musica, il vicino se n’è andato, dopo aver sparato
sulla crocerossa, un’ambulanza l’ha riportato a casa, per il momento sei solo
in camera, possiamo osare con la musica ma il volume è al minimo, tu non fai
cenno, dormi ma certamente non ti può far male, solo bene può farti la musica
tanto amata.
Ogni tanto un debole lamento, ti giri su un fianco, poi sull’altro,
alzi le mani, cerchi di metterle sotto la nuca, non ci riesci, le lasci vicino
all’addome, sei sempre più magro, il respiro si fa affannoso.
Arriva una giovane dottoressa, ti guarda, dice: “Sta riposando.”
Vorrei risponderle che sta morendo, non riposando, è che mi sento impotente e
che sono maledettamente triste.
***
Carissimo fratello Mock,
sono le quattro del mattino. La
notte corre veloce in questa veglia. Carla sta riposando sulla poltrona. Sarà
la preghiera necessaria, che esce senza sforzo e senza pausa, sarà lei a suggerirmi
ora che quel tuo respiro affannoso non è un segno di morte ma il tuo canto,
quel canto che tanto ami, che tanto hai amato. Voglio sentire che il respiro
non si fa pesante ma lieve, diventando la tua bella voce, che abbiamo imparato
a conoscere, che ci hai regalato, che sta compressa e libera per sempre nei
tuoi cd. Sarà Dio, cercato nella preghiera, a farmi vedere il tuo volto non tirato,
ma il tuo bel viso che ritroviamo in tante foto, soprattutto con i tuoi amati
strumenti, foto degli ultimi anni, immagini che tanti amici fotografi ci hanno
regalato.
La notte scappa verso l’alba del sei agosto. Mi giro alla mia
sinistra, ti guardo steso nel letto e ti vedo già oltre, bello di quella
bellezza sperata, che non muore.
***
Sono le sei, l’alba arriva. Guardo dalla fine di questa stanza all’Humanitas.
L’alta torre Telecom manda luci rosse alle prime luci del mattino. Il cielo è
grigio. Si annuncia un’altra giornata di gran caldo.
Non ho più lacrime, perché per me è ormai cambiata la prospettiva. Sei
già oltre, verso quel grande punto di domanda che tu disegnavi la sera del
concerto di WoodInStock sulle rive del lago di Comabbio, fra zanzare e note. Ti
aiutavo a trasportare gli strumenti e tu, con grande fatica ma anche luce negli
occhi, hai detto: “Andiamo a vedere, sarà più bello, non credi? Questo è il
Mistero della vita, il grande punto di domanda…” e hai fatto un segno nel
semibuio di quella notte per me molto triste.
Che Dio ci aiuti.
31-continua
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