mercoledì 4 novembre 2020

Marco, 5 anni dopo - 34


 

Domenica 9 agosto

E’ l’alba, c’è vento e fra poco arriveranno i temporali sopra questa calura. Rivivo la giornata di ieri. Prima delle otto ero già in cima al Campo dei Fiori. All’ultimo chilometro, poco prima del Grand Hotel, ho avuto questo pensiero: “Dio dell’universo, che domini gli elementi, no, non mi posso accontentare del suo ricordo, delle sue parole, del suo esempio, della grata memoria…” E mentre piangevo ho detto: “Cazzo, lo voglio vivo!”

Poi mi sono quietato, disteso sulla panca in pietra della cima, sentendo il sole caldo, la luce che mi parlava di un Dio possibile.

Alle dieci sono venuto a trovarti, e poi alle tredici, per la benedizione di don Giorgio. Papà Mario ti ha baciato sulla fronte, io ho fatto altrettanto. Le mie labbra hanno avuto paura, a contatto con la tua fronte fredda. La preghiera, gli ultimi adempimenti, ti hanno sfilato la collana da cowboy, l’anello, le bandiere del North Carolina e del Nepal, l’immaginetta di Giovanni Paolo Secondo. Ti hanno coperto con il panno di raso grigio e, con il sottofondo di ‘Bordertown’, hanno sigillato il coperchio sopra di te. Le viti, il trapano, ho rivisto le sequenze del film di Moretti, ‘La stanza del figlio’. Tu sei mio fratello, perdere un figlio è il peggio, ma anche perdere un fratello come te…Poi ci siamo avviati verso la chiesa. Ti abbiamo portato in spalla, io, il tuo grande amico Paolo, Guido, Paolo. Tanta musica, davanti a te un collage di foto, alla tua destra il banjo, alla tua sinistra la Martin. Don Carlo si è contenuto, ha citato fra l’altro quel messaggio che tu hai lasciato ad un amico, il tuo testamento spirituale, il tuo modo di vedere la malattia, la vita….”L’ingiustizia della morte è stata riparata dalla croce di Cristo.” L’ingiustizia della morte, cioè la morte non la vuole Dio, che mai farebbe una scelta ingiusta. Altri canti, la chiesa davvero piena, il nostro amico Baffo fra i celebranti, il gran finale, con ‘Will the circle be unbroken’ e i presenti che battevano a ritmo le mani, e infine la tua ‘Time to start again, Time to fly again’ cantata da Lorenzo. Ti abbiamo portato fuori, io, Paolo, Paolo e tuo nipote Riccardo, che ormai è alto come suo padre. Quindi l’ultimo saluto a Giubiano, nella sala del commiato. Gabriella mi ha spiegato che quel pupazzo che stava sopra i girasoli era l’angelo che lei ha preparato due anni fa, quando hanno scoperto la tua malattia. Un giorno le avevi detto: “Perché non fai anche un angelo, oltre agli animali?” E lei ne aveva fatto uno per Ron, anche lui malato, e uno per te, qualche tempo dopo.  

Per quanto lo si possa essere, sono felice: un funerale come volevi tu. Una grande, triste e insieme gioiosa festa.

34-continua

 

Nessun commento:

Posta un commento