Domenica 9 agosto
E’ l’alba, c’è vento e fra poco arriveranno i temporali sopra questa
calura. Rivivo la giornata di ieri. Prima delle otto ero già in cima al Campo
dei Fiori. All’ultimo chilometro, poco prima del Grand Hotel, ho avuto questo
pensiero: “Dio dell’universo, che domini gli elementi, no, non mi posso
accontentare del suo ricordo, delle sue parole, del suo esempio, della grata
memoria…” E mentre piangevo ho detto: “Cazzo, lo voglio vivo!”
Poi mi sono quietato, disteso sulla panca in pietra della cima,
sentendo il sole caldo, la luce che mi parlava di un Dio possibile.
Alle dieci sono venuto a trovarti, e poi alle tredici, per la
benedizione di don Giorgio. Papà Mario ti ha baciato sulla fronte, io ho fatto
altrettanto. Le mie labbra hanno avuto paura, a contatto con la tua fronte
fredda. La preghiera, gli ultimi adempimenti, ti hanno sfilato la collana da
cowboy, l’anello, le bandiere del North Carolina e del Nepal, l’immaginetta di
Giovanni Paolo Secondo. Ti hanno coperto con il panno di raso grigio e, con il
sottofondo di ‘Bordertown’, hanno sigillato il coperchio sopra di te. Le viti,
il trapano, ho rivisto le sequenze del film di Moretti, ‘La stanza del figlio’.
Tu sei mio fratello, perdere un figlio è il peggio, ma anche perdere un
fratello come te…Poi ci siamo avviati verso la chiesa. Ti abbiamo portato in
spalla, io, il tuo grande amico Paolo, Guido, Paolo. Tanta musica, davanti a te
un collage di foto, alla tua destra il banjo, alla tua sinistra la Martin. Don
Carlo si è contenuto, ha citato fra l’altro quel messaggio che tu hai lasciato
ad un amico, il tuo testamento spirituale, il tuo modo di vedere la malattia,
la vita….”L’ingiustizia della morte è stata riparata dalla croce di Cristo.” L’ingiustizia
della morte, cioè la morte non la vuole Dio, che mai farebbe una scelta
ingiusta. Altri canti, la chiesa davvero piena, il nostro amico Baffo fra i
celebranti, il gran finale, con ‘Will the circle be unbroken’ e i presenti che
battevano a ritmo le mani, e infine la tua ‘Time to start again, Time to fly
again’ cantata da Lorenzo. Ti abbiamo portato fuori, io, Paolo, Paolo e tuo
nipote Riccardo, che ormai è alto come suo padre. Quindi l’ultimo saluto a
Giubiano, nella sala del commiato. Gabriella mi ha spiegato che quel pupazzo
che stava sopra i girasoli era l’angelo che lei ha preparato due anni fa,
quando hanno scoperto la tua malattia. Un giorno le avevi detto: “Perché non
fai anche un angelo, oltre agli animali?” E lei ne aveva fatto uno per Ron,
anche lui malato, e uno per te, qualche tempo dopo.
Per quanto lo si possa essere, sono felice: un funerale come volevi
tu. Una grande, triste e insieme gioiosa festa.
34-continua
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