lunedì 9 novembre 2020

Marco, 5 anni dopo - 39


 

Riflessi sulla croce

 

Fa caldo ma si sta bene. La pendenza si fa più aspra, lascio la sella e mi alzo sui pedali. Il mio sguardo è al manubrio, alla strada, alla ruota. Amo questa posizione di fatica, l’ho sempre amata anche quando era solo uno studio televisivo, la ammiravo da altri ciclisti, Giri d’Italia in bianco e nero, Eddy Merckx, Felice Gimondi, Francesco Moser. Li adoravo quando, Alpi o Pirenei era lo stesso, li vedevo arrampicarsi, scattare, lottare fra pareti di neve, dentro boschi di larici, in salita verso le pareti di dolomia o il granito. Per me era solo quello il ciclismo. E’ arrivato presto il mio momento, una bici da corsa, il gesto del grimpeur. E anche stamani, alle otto, nel caldo piacevole di un sabato qualunque di una primavera che muore, come sto morendo io (tutti, prima o poi, si muore, chiariamolo subito), scollo il culo dal sellino, premo sui pedali, guardo la cima. Ma amo anche questa catenina che mi balla davanti agli occhi, una catenina d’oro, una piccola croce d’oro. Ho sempre amato, anche sul collo degli altri, la catenina del ciclista che traballa, che segue la pedalata, che penzola. Il sole, appena oltre la linea dei castagni, la illumina. Riflessi sulla croce. Penso alla croce. Io non sono in croce, sono ai suoi piedi, come ogni uomo ragionevole; ogni uomo non può che stare ai piedi di una croce, quando non ci è inchiodato sopra. Sto ai piedi ma guardo chi è inchiodato, e più mi è amico più lo vedo bene, sento il suo respiro, l’odore dei suoi piedi, i suoi lamenti, avverto la sua fatica che bagna, in gocce di sudore, la mia fronte. Bacio questi piedi, mi aggrappo al legno, vorrei arrampicarmi come fosse un albero della cuccagna, ma qui nessuno è felice.

Continuo a pedalare, i riflessi mi accecano, oro luminoso. La piccola croce danza nell’aria. La preghiera segue il suo ritmo, s’adegua al movimento dei pedali, batte continua come il mio piccolo cuore.


39-continua

 

 

 

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