Commiato
Tutto
finisce. Speriamo non la vita di Mock e non la nostra. Speriamo
nell’Eternità. Faccio mia la speranza grande di mio fratello Marco.
Come
concludere questa storia? Ieri sera, domenica 28 febbraio 2016, gli Amici di
Mock hanno onorato la memoria del loro compagno di avventura, in un caso anche
del proprio padre, con un concerto alla Vecchia Varese. C’ero, avvolto più dalla
malinconia che dalla gioia, più da un senso di ingiusta mancanza che da una
confortante visione di paradisi e di musica che ancora suona lassù. C’ero e
cercavo di fare mio l’entusiasmo (almeno apparente) di Cecilia, di Stefano, di
Franco, di Annina, la loro voglia di volare. Guardavo le magliette Time to fly again che indossavano i camerieri,
mi commuovevo al pensiero della sua dedizione, della sua lotta, del suo sorriso
contenuto, frenato dalla consapevolezza del limite.
Mock
non se ne va. Anche a volerlo scacciare -perché bisogna pur vivere, e certe
lontananze non facilitano- lui resiste. Stamani era con me, come tutti i
giorni, qui nella fredda palestra della mia scuola, alle sette e trenta del
pesante lunedì mattina, era nella sua musica di ‘Compasses and Maps’, a tenere
il ritmo dei miei tiri a canestro. C’è la sera, nel mio letto, quando insieme
al rosario stringo il suo PeeBee, c’è
ogni volta che non volo (cioè sempre) e lui mi richiama, lo ritrovo quando ho
paura di morire e lui mi dice che non solo lo si deve fare, non c’è alternativa,
ma che lo si può fare bene, con dignità, con classe, persino con attimi di
soddisfazione e di stupore. E’ vento nella mia apatia, è talento nella mia
mediocrità, è limite che conforta il mio limite, è fratellanza che popola di
gradimento la solitudine. Semplicemente, è mio fratello che se ne è andato
troppo presto, recidendo legami forti. Strappi che fanno male.
Si
inventano frasi carine in questi casi, ci si impegnano anche personaggi
illustri, come Sant’Agostino, con la frase cult dei funerali: “Non ti chiedo
perché me l’hai tolto, ma ti ringrazio perché me l’hai donato.” No, niente
affatto, io ancora mi chiedo perché ci debbano essere certe ingiustizie. Poi mi
calmo, perché Marco mi riprenderebbe: “A cosa è servito il mio esempio, caro
fratello mio, se la tua fede non ne ha tratto giovamento?” E allora rifletto,
prego, chiedo scusa e vado avanti.
Si chiudono queste pagine. Non mi illudevo di riuscire a portarvi Marco nella sua completezza. Ho lasciato tracce scritte della sua fragile bellezza. Scrivendolo ci siamo fatti compagnia, abbiamo anche pianto insieme, sorriso, suonato e cantato. Ora abbraccio Mock, nella speranza che mi dica: “Bravo Carlo, hai fatto un buon lavoro.”
41-fine
Tuo fratello è fiero di te un abbraccio a tutti 😍
RispondiEliminaTOCCANTE E RIFLESSIVO, COME SEMPRE, LA TUA PENNA CI COMUNICA, IL TUO PENSIERO PROFONDO...! LA FORZA TRASMISSIVA DI MOCK, é QUEL CHE CI VUOLE, PER SUPERARE QUESTI MOMENTI DE "STO BENEDETTO (MALEDETTO),.. COVID-19..! DA NOI, TRA "CIARLATANI" DI POLITICI, GIORNALISTI (DI PARTE) E SAPIENTONI; MA CON UNO SFORZO NOTEVOLE, DI OPERATORI SUL CAMPO, SI RIESCE ANCORA AD ARGINARLO...!!! DA VOI COME VA..? LE NOTIZIE CHE MI GIUNGONO NON SONO MOLTO RASSICURANTI..!!! BUONA GIORNATA ED UN'ABBRACCIO A VOI TUTTI, E IN MODO PARTICOLARE AI NONNI...!
RispondiEliminaÈ vero, hai fatto un buon lavoro Carlo. Esprimere con lo scritto sensazioni di cui si fa fatica a parlare, lo so. E ti ringrazio, perché spesso mi ci sono ritrovata. Utumana... bellissima. Grazie, un abbraccio
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