venerdì 7 gennaio 2022

Con la mano tesa


                                         Un mendicante - Jusepe de Ribera detto Lo Spagnoletto (1612 circa)


Passano gli anni, cambia la mia immagine della vecchiaia. Da giovane avevo un’idea ‘romantica’ della vecchiaia, l’età della saggezza, della pace, del discernimento, della fede. Ora è un tempo che mi fa molta paura. Ad uno ad uno i nostri ‘vecchi’ se ne vanno, come è naturale che sia. Molti hanno superato i 90 anni, altro non si può chiedere dalla vita. Ma come può definirsi quest’ultimo tempo? Per lo più è un tempo sofferto, a volte inconsapevole (ed è una grazia) altre volte più o meno pienamente cosciente, un tempo che mette a dura, durissima prova chi lo vive in prima persona e chi vi assiste, spesso impotente, consapevole del proprio limite e della costante impreparazione all’amore che vorremmo manifestare e che non riusciamo pienamente a realizzare. La vergogna, il pudore, il rispetto ci permettono di soffocare dentro di noi taluni vissuti che, se manifestati, non ci farebbero fare bella figura: ma sono vissuti comuni, per certi versi persino comprensibili. Ho già citato il cardinale Carlo Maria Martini che ebbe a descrivere l’ultimo tempo della vita come il tempo in cui si chiede la carità: mendicanti alla ricerca di una presenza, di un po’ di affetto (anche se il sentimento è ambivalente, affetto ma nel contempo disagio per essere di peso, per dover dipendere, per togliere il fiato e la serenità a chi ci assiste, soprattutto se è un familiare). Un tempo ingrato…nessun lieto fine. Traditi dal corpo, traditi dalla mente…che resta? La moderna pubblicità di un’eterna giovinezza fatta di viaggi, svaghi, passatempi? Sì certo, possono dare una mano, quando ancora la salute regge ed è utile dimenticare ciò che ci attende a breve. Ma più avanti? Quando tutto trema?

Resta Dio…al quale sarebbe bene aggrapparsi anche prima…ma certamente quando la vecchiaia ti butta sulla strada, con la mano tesa in avanti.    

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