Riccardo
Prando è un docente di lettere, in pensione da qualche tempo. Un docente di
quelli che tengono la porta aperta perché non hanno nulla da nascondere, e che
all’inizio dell’anno salutano i ragazzi con la chitarra in mano, cantando ‘Ciao
ragazzi ciao’ di Adriano Celentano, uno dei suoi cantanti preferiti.
Prando
è un giornalista, esordi al settimanale cattolico Luce negli anni Ottanta e
Novanta e quindi al quotidiano La Prealpina, dove si può vantare di essere
ormai uno fra i collaboratori storici, con oltre trent’anni di articoli
scritti. Da qualche tempo collabora anche al settimanale online
ilsussidiario.net.
Riccardo
è un narratore. Non vuol essere chiamato scrittore, destinando quell’attributo
solo ai grandi, Manzoni, Tolstoj e naturalmente al suo amato Giovannino
Guareschi. Ha pubblicato diversi libri. Qui cito solo Campo dei Fiori (con
Roberto Fassi), ‘Varese in grigioverde’, cioè Varese e la Grande Guerra, la
raccolta di racconti Giuda e, l’ultimo pubblicato prima di questo, il saggio
critico ‘Contro la scuola’.
Prando
è uno sportivo, soprattutto ama la bici e lo sci da fondo. E ama la luce
particolare delle prime ore del giorno, la luce speciale dell’alba, mentre non
ama il buio e la sera si corica molto presto.
Che
dire di questo nuovo lavoro letterario di Riccardo Prando?
Cominciamo
col dire che sceglie l’argomento religioso, e questo è in linea con il suo
cammino esistenziale. Prando è un uomo di fede, crede nel Dio di Gesù Cristo,
viene da un’esperienza di comunità, di Chiesa che va al di là del precetto
della Messa domenicale. Una fede che si ritrova nei suoi scritti, nella sua
raccolta di racconti Giuda e qui in modo più esplicito e totalizzante. La sua è
una fede che non ignora il dubbio e anche la critica, non sempre velata, rispetto
a talune scelte ecclesiali e alla poco credibile testimonianza di taluni preti
e laici. Prando è uno che dice la sua, anche in modo diretto. Più che il
cristiano dell’obbedienza, è il cristiano della ricerca, anche appassionata. E
si aspetta dal Padre che è nei cieli quella giustizia finale che sulla terra è
merce rara, qui dove spesso vince chi non merita e ha gloria chi non vale.
Prando
è uno che salta sulla sedia quando nota un’ingiustizia, una falsità, una
incoerenza: non è uno che lascia correre. Gli prudono le mani e la lingua,
prende a cuore la vicenda umana. Si lascia coinvolgere. Con un occhio di
riguardo verso i perdenti, i peccatori, gli emarginati, gli sconfitti. Non è
uno che tiene il microfono ai potenti, affinché possano cantare la loro
canzone.
Non
sorprende allora che abbia scelto tre personaggi forti, tre figure emblematiche
di chi non si ritiene soddisfatto per ciò che ha fatto, non si vanta dei suoi
meriti, non gongola nella soddisfazione della riuscita, ma al contrario di chi
ha sbagliato, lo ammette, vuole essere perdonato ed è disposto a convertirsi. Si
è fatto voce scritta di chi non si piace, di chi sogna una vita nuova, di chi
ha bisogno di perdono.
Ecco
allora Il traditore, il soldato, la peccatrice. Tre atti unici per la Passione,
dice il sottotitolo. E a pochi giorni dalla settimana santa siamo perfettamente
a tema.
Il
traditore è Giuda, e qui l’ambientazione è precisa, la decima cappella della
Madonna del Monte, quella della morte in croce di Gesù, la più ricca di statue,
la più monumentale. Ma fra le statue manca Giuda e lui se ne lamenta con
Bussola, lo scultore. “Perché non hai scolpito anche me?” Il traditore
soprattutto ha bisogno del perdono di chi ha tradito per trenta denari, il
perdono che non ha ottenuto nella vicenda storica, quello che non si legge nel
Vangelo.
Il
soldato è uno dei soldati romani deputati ad inchiodare il Cristo sul legno
della croce. Ma gli occhi del Maestro lo fissano mentre alza il martello, uno
sguardo che lo chiama per nome, che lo paralizza, che gli impedisce di portare
a termine il suo lavoro. E non gli basterà vincere ai dadi il mantello rosso di
colore e di sangue, perché dopo la vittoria ai dadi il cielo si oscurerà, la
terra tremerà e da quel momento sarà terrore, paura e domande sul perché di
quegli occhi puntati su di lui, semplice soldato che obbedisce agli ordini.
Infine
la peccatrice, cioè Maria di Magdala, la Maddalena, alla ricerca di sostantivi
importanti scritti con la lettera maiuscola, a partire dalla parola Amore. La
donna, che è di tutti e di nessuno, incontrerà il Salvatore, lo seguirà, lo
amerà onorandone la persona a partire dai suoi piedi, che cospargerà di olio
profumato, di vero nardo, assai prezioso, asciugandoli con i suoi lunghi
capelli ramati, e da Lui otterrà ciò che tutti sperano, il perdono e la forza
per ricominciare, meglio, per cominciare una vita nuova, diversa dalla
precedente, più ricca, felice e carica di senso.
E
proprio alcuni passaggi da questo terzo racconto verranno letti stasera da
Aurora Scarpolini.
Aurora
è figlia di Luisa Oneto, attrice, e di Silvio Scarpolini, cantante al teatro
alla Scala di Milano. Figlia d’arte, quindi, attrice, cantante, musicista. La
lettura sarà intervallata da brani musicali, eseguiti all’arpa.
Bella presentazione. Perfetta per la serata. Grazie
RispondiElimina