L’ultimo
giovedì di gennaio, come da tradizione a Varese, durante la Festa della Giobia,
si terrà la premiazione del concorso di poesia dialettale Poeta Bosino che, pur
con il calo di partecipanti per ovvi motivi (il dialetto sta morendo, se ne sta
andando insieme ai varesini d’antan) resta il più importante concorso di poesia
dialettale della città di Varese, con una lunga storia alle spalle, che
cercherò di ricostruire in sintesi qui. Intanto che significa bosino? Stando al
Calandàri del 1978, ‘Bosino, da
Santambrusin o Ambrusin, è un appellativo per riconoscersi, specie quando erano
fuori dalla Lombardia, della gente appartenente alla diocesi di Milano. Caduto
in disuso nel milanese, ristretto nel dialetto a busìn, è rimasto nel
varesotto, sempre vissuto fedelmente nell’orbita di Milano dopo l’epoca del
Seprio.’
Morto
Speri della Chiesa Jemoli nel 1946 (lo Speri, il nostro più insigne poeta
dialettale) chi ne ereditò il carisma poetico? Nessuno al suo livello, però la
poesia dialettale fece sempre parte degli argomenti del Calandari dra Famiglia
Bosina, sin dal suo primo numero, nel 1956. Infatti troviamo qui in pagina una
lirica, dal titolo ‘O via Croza’, di un tal Giromin do ra Mota. Un inno alla
ben nota via Crosa, la via degli innamorati, che sale a Biumo Superiore,
protetta da due alti muraglioni. Ma chi sia questo Giromin non è dato saperlo.
Sappiamo invece che nei primi numeri del Calandari firmarono poesie gli autori
più in voga del momento, e cioè Nino Cimasoni, Giuseppe Talamoni (foto), fra le tante cose anche fondatore del Gruppo Folkloristico bosino, C.A. Mentasti
e un certo Fanfulla. Ma per la nascita del concorso di poesia dialettale,
bisognerà attendere il 1966.
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