Felice compleanno a mia nipotina Rebecca Zoe, dieci anni.
Già il titolo di questa nuova silloge del poeta Umberto Belardinelli (Ontologia poetica) ci fa capire che si tratta di poesia filosofica. Inoltre il sottotitolo (figli di un Dio segreto) indirizza verso la poesia teologica, dal significato 'segreto', nel senso di una poesia che non disdegna l'ermetismo. Così si conclude la prefazione dello stesso Belardinelli: "...Le poesie di questa silloge raccontano i nostri pensieri, la vita di ogni giorno, il mondo che ci circonda, i nostri sentimenti, le nostre paure ed i nostri dubbi, le nostre riflessioni e, non ultima, la nostra fede. Ogni poesia di questa silloge, cela una religione o una filosofia di vita." Cela: compito del lettore individuarla.
Ampia l'introduzione di Vincenzo Capodiferro, con citazioni e descrizioni che aiuteranno il lettore ad incontrare la poetica dell'autore, nato a Messina nel '56 ma ben presto a Varese. Anche Capodiferro non può non sottolineare che "...Bisogna rileggere più volte il verso di Umberto: non è facile capirlo a primo acchito..."
La silloge (che il poeta dedica ai genitori Anna e Salvatore) è edita dal Circolo Scriptores.
I poeti vanno letti, e quindi leggiamo Umberto Belardinelli nella lirica 'Come crisalidi':
Il nostro vivere leggero e fragile,/avvolti dalla seta come i bruchi,/ci condurrà verso un alato volo/dopo la pioggia e il sole della vita?/Forse, non cesserà mai più la notte/e non avremo fiato per tornare,/vinti dalla vicenda d'ogni cosa,/per il perpetuo incedere dei giorni./Ma dentro noi è innato il desiderio/di continuare per sempre oltre la vita;/aneliti e speranze di attese estasi,/confidano in tutto ciò che è sconosciuto./Beate le farfalle nel loro dolce volo,/che sanno attendere la sera,/che sanno cogliere la dolce direzione/verso il profumo e il nettare dei fiori.
Può apparire strano che il sottoscritto, che di quelle terre del nord ama i film di Ingmar Bergman, possa apprezzare un genere quasi adolescenziale, ma così è.
E' morta oggi, lunedì 30 ottobre, nella sua casa di Varese, Maria Raffaella Salvemini. Ci siamo conosciuti alla scuola media Vidoletti nel 1984, quando ottenni la cattedra in quella scuola, a un chilometro da casa mia, e poco più dalla casa di Raffaella. Docente di lettere, donna colta, sempre molto elegante, parente di Gaetano Salvemini, storico e politico antifascista, Raffaella mi fece nel 1988 un grande regalo: si rese disponibile a presentare il mio primo libro 'Papà a tempo pieno'. Docente di mia figlia Valentina, era sempre in prima linea nell'organizzazione di iniziative che andavano al di là dell'ora di lezione, soprattutto negli anni che videro preside alla Vidoletti (e cioè sino al 1990) Lorenzo Morcelli, un signor preside come una signora insegnante era Raffaella. Malata da tempo, quando la incontravo era sempre molto gentile, sorridente, chiedeva notizie della mia famiglia, della Vidoletti, della mia scrittura.
Sono vicino al marito e ai figli Jacopo, Chiara e Sirio.
I funerali si svolgeranno giovedì 2 novembre, ore 10.30, nella piccola chiesa di Fogliaro.
Non solo bisogna essere bravi, non solo bisogna azzeccare partire da 21 punti con altissima percentuale nel tiro, ma bisogna farlo nel match giusto, coronato da una vittoria, anche per un solo punto, magari realizzato proprio da te all'ultimo secondo. Immaginate una vittoria di Varese contro Venezia con una tripla di Davide Moretti a fil di sirena. Davide (vittorioso contro Golia) sarebbe stato un eroe. E invece? Moretti ha giocato una partita strepitosa ma la OJM ha perso nettamente e la sua impresa resta sotto traccia, quasi uno spreco, una fatica inutile, presto dimenticata: spero non da Davide, dal suo coach e dai suoi compagni.
Forza Varese!!!!
L'amica Sara mi invia questa nuova foto, scattata prima dell'alba dalla cima del Kala Patthar (5500 m slm circa), che significa cima nera, sperone di roccia privilegiato per ammirare la maestosità dell'Everest e della ice fall.
Anche se studiassi tutta una vita resterei comunque un ignorante, quindi non mi faccio grossi problemi nell'ammettere le mie 'clamorose imprecisioni'. Ne ho una fresca di giornata. Ieri ero ad un incontro organizzato dal Premio Chiara, un omaggio all'attrice Piera Degli Esposti. Ho detto: 'Ci vado, così fra l'altro scatto una bella foto alla nota attrice.' Parlo con Andrea Chiodi, il registra teatrale varesino incaricato di presentare l'ospite e ad un certo punto, notando un'assenza importante, preciso: "Scusa Andrea, ma Piera non è ancora arrivata?" "Piera?" "Sì, l'attrice..." Ride e aggiunge: "Piera è morta...Oggi è un ricordo..."
Ops...
Nestore Crespi, grande passione per il basket, una vita da dirigente sportivo e una decina d'anni dedicati anche all' HSV Varese, basket in carrozzina che milita nella serie B. E i cestisti varesini non hanno dimenticato Nestore, dedicandogli sabato 28 ottobre un pomeriggio, partita amichevole contro Parma e uno spazio celebrativo finale.
Per la prima volta ho visto la bella palestra dell'università dell'Insubria a Bizzozero, e l'abilità di questi giocatori (alcuni dei quali non più giovanissimi): scontri fra carrozzine, cadute, gioco veloce, canestri.
Complimenti alla mia amica ed ex alunna Vidoletti Sara Bianchi, che ieri ha raggiunto il Campo base dell'Everest, ad oltre 5000 metri. Sara, stanca ma felice, ha quindi esaudito un suo sogno. Ma i sogni sono come le ciliege, uno tira l'altro. Vedremo allora quale sarà il prossimo. Buon rientro.
Questa nuvola ieri copriva il Monte Rosa, visto da Cartabbia. E uno pensa: 'Era meglio senza nuvola'. Eppure questa nuvola rende più misterioso e movimentato il cielo.
Nel
1966, a dieci anni dalla sua fondazione, la Famiglia Bosina mise in cantiere il
primo concorso di poesia dialettale, ‘Poeta Bosino’. Si legge nell’introduzione
al libretto, che venne stampato l’anno successivo: “La Famiglia Bosina,
custode delle nostre migliori tradizioni e della nostra parlata, convinta che
il nostro dialetto sia tuttora vitale per quanto l’urbanesimo dilagante lo vada
vieppiù sbiadendo, ha indetto l’anno scorso il Primo Concorso di poesie
dialettali. L’iniziativa ebbe un vero successo…Il saper penetrare nell’anima
del dialetto vuol dire saper penetrare nell’anima del popolo, saperne
comprendere la storia più intima. Stendhal affermava con ragione che i dialetti
sono più naturali e più vicini al cuore che le lingue classiche…” La firma
è del regiù Umberto Zavattari. Vinse quella prima edizione Nino Cimasoni con ‘Na
storia vegia da Vares, ol matt Ponti’, secondo Amerigo Monti con ‘Un ternu al
lot’ e terzo Rinaldo Mangano con ‘Ul me dialèt’.
Quasi
sessant’anni sono passati da allora e la Famiglia varesina ha sempre rinnovato
questo concorso, che ha premiato poeti spesso di buon livello (su tutti
ricordiamo Natale Gorini), ma che inevitabilmente ha visto con gli anni ridursi
il numero dei partecipanti, con la (possiamo scrivere) quasi totale scomparsa
del dialetto bosino. La Famiglia Bosina non demorde, tiene duro ma cerca di
adeguarsi ai tempi, meglio, di ampliare le possibilità di partecipazione, dedicando
quest’anno il premio ad un varesino illustre, bosino doc: Angelo Monti. Da
questa edizione il concorso si chiama Poeta Bosino, Angelo Monti – Italia Mission
2023. E – udite udite – sono invitati a partecipare non solo poeti dialettali,
ma anche poeti in lingua italiana e persino poeti ancora in grado di scrivere
in latino. Ci spiega le novità Marco Broggini, segretario del premio: “Abbiamo
pensato così di coinvolgere un maggior numero di poeti. La scelta del latino può
sembrare fuori tempo ma è un chiaro omaggio ad Angelo Monti, che spesso ci
regalava citazioni in latino.” Chi non ricorda Angelo con il suo latinorum?
Lunga
premessa per dire che i poeti hanno un mese di tempo, perché i termini scadono
alla fine di novembre 2023. Occorre andare a visitare il sito della Famiglia (www.famigliabosina.it). Lì si troverà
il bando e tutte le info necessarie per una corretta partecipazione. Massimo
due poesie per autore (si potrà partecipare anche a tutte e tre le sezioni), anonime,
caratterizzate da un motto, che dovrà essere riportato su apposita scheda, che
conterrà le generalità dell’autore. Sempre per facilitare la partecipazione, si
potrà produrre il cartaceo (in sei copie) o anche inviare le poesie
direttamente online. Come sempre la premiazione si terrà l’ultimo giovedì di
gennaio, durante la tradizionale Festa du ra Giöbia. Altra novità: il premio
spetterà solo al vincitore di ogni sezione e non ai primi tre, e sarà un premio
in denaro, 200 euro. Non vedremo quindi più il Pin Girometta d’argento (su
bozzetto di Augusto Caravati), che era la prestigiosa statuetta riservata al Poeta
Bosino dell’anno.
Vi sono categorie protette: ad esempio i poeti. Chissà perché quello che scrivono i poeti, visto che sono poeti, va sempre bene...a prescindere. E' un poeta, non si può discutere. Ma qui mi soffermo sui libri, altra categoria protetta. I libri e la lettura fanno comunque bene, sono consigliati, raccomandati. Ma chi l'ha detto? C'è libro e libro, come per ogni 'manufatto'. Alcuni libri sono inutili, altri addirittura dannosi, non meritevoli della nostra attenzione. Altri ancora penosi, scritti male, nati solo dall'ambizione. A volte è meglio soffermarsi su interessanti programmi televisivi.
Bruno Franceschetti nasce
nella veneta Minerbe nel ’41: poca voglia di studiare e tanta di lavorare.
Famiglia non certo agiata, vita di paese e a quattrodici anni si trasferisce a
Varese. Un gruppo di amici fa la proposta: “Dai, stasera andiamo in palestra.”
E la palestra si trova all’oratorio di San Vittore, sede della Robur et Fides. “Avevo
quattordici anni” dice oggi Bruno. “Da allora la palestra, la ginnastica sono
state la mia vita.”
E Franceschetti ieri era
a Varese, a presentare il suo primo libro, scritto a ottant’anni e passa,
diario della sua storia ma non solo. “C’è la mia vita ma anche la storia della
ginnastica artistica in Italia.” Bruno è testimone privilegiato di questo
sport. Ginnasta di alto livello, due partecipazioni alle Olimpiadi (Tokyo 1964
e Mexico 1968), poi Vigile del Fuoco, un diploma di geometra meritato studiando
di sera insieme al grande Franco Menichelli, tre anni di Scuola dello Sport a
Roma, i primi passi come allenatore e poi Varese. “Sì” ha raccontato ieri,
commosso e soddisfatto. “Il Coni mi affidò la direzione tecnica del neonato Centro
federale presso la gloriosa Società Varesina di Ginnastica e Scherma. Qui ho
fatto da padre a molti giovani ginnasti, e ad uno in particolare.” E quell’uno è nientepopodimenoche Jury Chechi. Bruno è infatti noto ai non addetti ai
lavori per essere stato l’allenatore del ‘signore degli anelli’, con lui per
vent’anni, dagli esordi dei primi anni Ottanta sino al 2004, quando Jury lasciò
l’attività agonistica a 35 anni, dopo il bronzo alle Olimpiadi di Atene. Jury,
un predestinato, dominatore della specialità degli anelli per anni, oro ad
Atlanta 1996 e oggi personaggio televisivo dalla vivace parlantina e dalla
muscolatura scultorea.
Ma torniamo a Bruno, che
ieri era in compagnia dell’editore, Eleonora Belletti (edizioni Argentodorato) e
di Gunnar Vincenzi, già sindaco di Cantello, presidente della Provincia e per
dieci anni presidente in Varesina. “Bruno è stato un innovatore” ha detto
Vincenzi. “Sempre un passo avanti, e soprattutto disponibile e generoso. Non si
è mai vantato del suo ruolo di allenatore di campioni; tale era la sua passione
per la ginnastica che se c’era da accompagnare i ragazzini sulle pedane, lo
faceva.”
Titolo del libro: ‘Una
vita in equilibrio.” Perché? “Ho sempre cercato l’equilibrio nella mia vita” ha
detto l’autore. “La vita è fatta di vittorie e sconfitte, giorni lieti e giorni
tristi, e la ricerca dell’equilibrio è fondamentale.” Franceschetti ha dovuto
affrontare anche lutti molto pesanti, ma la sua tempra gli ha permesso di
andare sempre avanti, nel rispetto di una profonda serietà, fedele ai valori
fondanti di una esistenza degna di essere condotta in porto. E a ottant’anni si
è trovato anche scrittore. “Non so se posso essere considerato uno scrittore,
un libro però l’ho scritto. Mi sono chiesto se potevo essere ancora utile: questa
mia testimonianza forse darà una mano ad appassionarsi alla ginnastica, allo
sport, alla vita.”
Ipotizziamo che Dio non esista, eventualità molto probabile. Ebbene, i credenti hanno edificato un gigantesco mondo immaginario fatto di preghiere, di ipotesi di vita eterna, di immagini di paradisi, purgatori, inferni, sicché la vita reale è solo la punta dell'iceberg, e sotto il pelo dell'acqua della realtà galleggia un parallelo mondo fantastico.
Ma non se la cavano meglio nemmeno i non credenti, i razionalisti che giurano nella presenza di un Dio di pura invenzione umana. Costoro non sono forse attorniati dal platonico mondo dei sogni, delle speranze di chissà quali futuri migliori, mondo delle fantasie più o meno spinte, ancora una volta parte sommersa dell'iceberg che rende più sopportabile la piccola parte emersa, che è poi quella che conta veramente?
Ho visto per la prima volta Bruno Franceschetti in azione come ginnasta nel 1967, giusto qualche annetto fa. Io avevo 11 anni, lui 26. Io avevo cominciato a praticare la ginnastica artistica da due anni, lui era nella squadra nazionale, che si allenava nella mia palestra, La Varesina, in vista delle Olimpiadi di Mexico '68. Ammiravo soprattutto Franco Menichelli, vincitore alle Olimpiadi di Tokyo '64, ma certamente restavo stupito anche da Carmine Luppino (oggi commentatore Rai), dai fratelli Carminucci, da Vailati e, appunto, da Franceschetti. Ci siamo ritrovati un po' di anni dopo proprio in Varesina, dove Bruno era presente in duplice veste: come supervisore degli allenatori della Varesina (compreso il sottoscritto) e come allenatore della nazionale, che qui a Varese si radunava per gli allenamenti collegiali. Agli inizi degli anni Ottanta ho smesso di allenare e ho lasciato la Varesina, ma non ho smesso di rimanere informato, e soprattutto di ammirare quello che è stato certamente l'allievo più forte di Franceschetti, Jury Chechi (foto).
Bruno ha 82 anni e mi fa molto piacere che abbia deciso di raccontarsi in un libro, 'Una vita in equilibrio', che verrà presentato domani, giovedì 26 ottobre, ore 18, Sala Morselli della Biblioteca varesina di via Sacco. Dialogherà con l'autore Gunnar Vincenzi.
Perché una vita in equilibrio? Perché la vita di Bruno è sempre stata un alternarsi di gioie e dolori, vittorie e sconfitte, lutti anche tragici che lo hanno visto alla costante ricerca dell'equilibrio. Quale il suo segreto? Lo si troverà certamente nel suo libro, insieme al suo amore per lo sport, per la ginnastica artistica, per la correttezza, per i valori positivi che rendono lo sport (se correttamente praticato) un luogo educativo di primaria importanza.
Oggi a Varese piove ma lì, dalle parti di Namche Bazar, direi che il meteo è decisamente migliore. Mi giunge ora questa foto dall'amica alpinista Sara Bianchi, in cammino verso il campo base dell'Everest. E la cima più alta del mondo è là sullo sfondo, in compagnia del Lothse e dell'Ama Dablam.
Buon cammino, cara Sara.
Quando si vince di un punto, si dimentica il male e il bene luccica.
Quando si perde di un punto, il male sale sul podio.
Varese ha perso per non più di un centimetro, la distanza che separa il Molten lanciato da McDermott dal ferro. Un centimetro, massimo due.
Buon cammino, cara Sara.