Mercoledì 21 settembre 1994 8.20
L'altro giorno si è
rinnovato il miracolo di San Gennaro, il sangue nelle ampolle si è sciolto, i
fedeli hanno ringraziato. Per molti la fede si è irrobustita, Dio è parso più
vicino, più credibile, più vero. Non per me. Gli scienziati hanno messo in dubbio
la veridicità del fenomeno, sostenendo che il sangue si scioglie perché viene
agitata l'ampolla. Pare che il Vescovo abbia irriso a questa teoria, sostenendo
che l'ampolla non è stata mossa, eppure...Eppure io non sono convinto. La mia
fede non ha tratto giovamento, anzi. E'
il problema dei segni, dei miracoli, quelli grandi e quelli quotidiani. E qui
vorrei dire una cosa, che credo interessi coloro che, come me, s'interrogano
sulla fede nel Dio di Gesù Cristo, che non vogliono accantonare la cosa come la
sporcizia nell'angolo della cucina. No, no, niente di tutto questo. Io vorrei
credere. Ma sbatto il muso contro un muro di granito.
Allora,
cerco di spiegarmi, di far chiarezza anzitutto in me. E prendo proprio lo
spunto dal fatto di Napoli. E poi allungo lo sguardo -uno sguardo incompetente,
senza pretesa di grande cultura, di profondo sapere (ma non è presupposto che
la fede in fondo debba essere alla portata di tutti? Che una fede nel Dio che
non vuole ingiustizie non può privilegiare i colti, gli intelligenti, i
sapienti?) Il punto: se si abbraccia, pur da ignoranti, la storia delle
religioni, del cammino di fede dell'uomo, e se si guardano i fenomeni religiosi
ancora oggi, si nota che particolare sensibilità alla fede viene riservata da coloro che non hanno molta
sapienza umana. Vorrei essere chiaro, non apparire razzista, non dar l'idea di
una qualche mania di superiorità. Ed è anche vero che molti credenti non sono
affatto degli inculturati. Anche se vi è da dire, a questo riguardo, che i
cosidetti intellettuali (cioè coloro che vorrebbero far largo uso della
ragione, per capire e per spiegare il mondo) in maggior parte non sono
credenti, e se sono credenti solo in minima parte lo sono in un Dio ben
definito (cattolici, protestanti....). Più spesso l'intellettuale è aperto e
sensibile ad un'idea di Dio più ampia, non ridotta in una sola Verità,
legalizzata e resa canonica in una fede ben delimitata. Questo almeno pare a
me.
Certo, grandi intellettuali, pensatori si sono professati non
solo genericamente credenti in Dio, o cristiani, ma cristiani cattolici...ma i
più mi paiono di diverso avviso.
Per farla berve, e per dirla come è dentro di me: provo un senso
di disagio nell'osservare la fede così certa, così professata, così esternata,
così ostentata da parte di tante persone che mi danno l'idea di averla
accettata senza un cammino di ricerca, senza l'essenziale vaglio dei dubbi,
senza un approfondimento non dico sui libri, ma almeno interiore. La massa che
sta nella Chiesa cattolica (perché è qui che io sono inserito e ancora permango)
mi pare troppo pronta a ringraziare Dio per, ad esempio, il sangue di San
Gennaro, o la Madonna che piange, o il Cristo che gocciola sangue...Disagio, mi
spiego, non perché io ritenga questa gente di una classe sociale inferiore alla
mia (che non è affatto elevata), ma disagio perché questa sovrabbondanza di credulità
mi rafforza in un sospetto che, per la fede, è tremendo: in fondo dio (e lo
scrivo volutamente in minuscolo) è il nome del nostro bisogno di eternità, è la
chiave per dare una qualche, sebbene misera, spiegazione al troppo mistero che
ci fa mancare il fiato.Questo dio è il consolatore interiore, immaginato,
voluto delle nostre disgrazie.
Di un dio abbiamo bisogno, quindi ce lo inventiamo. E se
troviamo forme organizzate, riti già belle pronti, e se troviamo il conforto di
una massa che la pensa come noi, e se abbiamo un'autorità per noi
autorevole...meglio ancora, lì ci buttiamo a testa bassa.
Questo tarlo, lo si capisce facilmente, è micidiale per una fede
che invece si affida ad un Dio non solo immaginato, ma fattosi addirittura
carne. Di un Dio che ha posto la sua dimora in mezzo a noi, che ha camminato
sulle vie di questo mondo esaltante e penoso, risorto e putrefatto.
Tarlo tremendo che mi rode, che in fondo semplificherebbe tutto,
che spiegherebbe tutto, (il mondo è per
molti versi incomprensibile, non creiamoci dei per toglierci le castagne dal
fuoco, accettiamo il mistero e la morte, senza nulla attenderci se non il
disfacimento. Di polvere siamo fatti, e in polvere torneremo), che renderebbe
questo viaggio non voluto e accettato per forza assurdo, ingiusto, irragionevole
eppure percorso da miliardi di uomini, in milioni di anni.
32-continua
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