giovedì 9 giugno 2016

Il mio Dio - 32

                                                                                              ph carlozanzi




Mercoledì 21 settembre 1994     8.20

L'altro giorno si è rinnovato il miracolo di San Gennaro, il sangue nelle ampolle si è sciolto, i fedeli hanno ringraziato. Per molti la fede si è irrobustita, Dio è parso più vicino, più credibile, più vero. Non per me. Gli scienziati hanno messo in dubbio la veridicità del fenomeno, sostenendo che il sangue si scioglie perché viene agitata l'ampolla. Pare che il Vescovo abbia irriso a questa teoria, sostenendo che l'ampolla non è stata mossa, eppure...Eppure io non sono convinto. La mia fede non ha tratto giovamento, anzi.  E' il problema dei segni, dei miracoli, quelli grandi e quelli quotidiani. E qui vorrei dire una cosa, che credo interessi coloro che, come me, s'interrogano sulla fede nel Dio di Gesù Cristo, che non vogliono accantonare la cosa come la sporcizia nell'angolo della cucina. No, no, niente di tutto questo. Io vorrei credere. Ma sbatto il muso contro un muro di granito.
     Allora, cerco di spiegarmi, di far chiarezza anzitutto in me. E prendo proprio lo spunto dal fatto di Napoli. E poi allungo lo sguardo -uno sguardo incompetente, senza pretesa di grande cultura, di profondo sapere (ma non è presupposto che la fede in fondo debba essere alla portata di tutti? Che una fede nel Dio che non vuole ingiustizie non può privilegiare i colti, gli intelligenti, i sapienti?) Il punto: se si abbraccia, pur da ignoranti, la storia delle religioni, del cammino di fede dell'uomo, e se si guardano i fenomeni religiosi ancora oggi, si nota che particolare sensibilità alla fede  viene riservata da coloro che non hanno molta sapienza umana. Vorrei essere chiaro, non apparire razzista, non dar l'idea di una qualche mania di superiorità. Ed è anche vero che molti credenti non sono affatto degli inculturati. Anche se vi è da dire, a questo riguardo, che i cosidetti intellettuali (cioè coloro che vorrebbero far largo uso della ragione, per capire e per spiegare il mondo) in maggior parte non sono credenti, e se sono credenti solo in minima parte lo sono in un Dio ben definito (cattolici, protestanti....). Più spesso l'intellettuale è aperto e sensibile ad un'idea di Dio più ampia, non ridotta in una sola Verità, legalizzata e resa canonica in una fede ben delimitata. Questo almeno pare a me.
     Certo, grandi intellettuali, pensatori si sono professati non solo genericamente credenti in Dio, o cristiani, ma cristiani cattolici...ma i più mi paiono di diverso avviso.
     Per farla berve, e per dirla come è dentro di me: provo un senso di disagio nell'osservare la fede così certa, così professata, così esternata, così ostentata da parte di tante persone che mi danno l'idea di averla accettata senza un cammino di ricerca, senza l'essenziale vaglio dei dubbi, senza un approfondimento non dico sui libri, ma almeno interiore. La massa che sta nella Chiesa cattolica (perché è qui che io sono inserito e ancora permango) mi pare troppo pronta a ringraziare Dio per, ad esempio, il sangue di San Gennaro, o la Madonna che piange, o il Cristo che gocciola sangue...Disagio, mi spiego, non perché io ritenga questa gente di una classe sociale inferiore alla mia (che non è affatto elevata), ma disagio perché questa sovrabbondanza di credulità mi rafforza in un sospetto che, per la fede, è tremendo: in fondo dio (e lo scrivo volutamente in minuscolo) è il nome del nostro bisogno di eternità, è la chiave per dare una qualche, sebbene misera, spiegazione al troppo mistero che ci fa mancare il fiato.Questo dio è il consolatore interiore, immaginato, voluto delle nostre disgrazie.
     Di un dio abbiamo bisogno, quindi ce lo inventiamo. E se troviamo forme organizzate, riti già belle pronti, e se troviamo il conforto di una massa che la pensa come noi, e se abbiamo un'autorità per noi autorevole...meglio ancora, lì ci buttiamo a testa bassa.
     Questo tarlo, lo si capisce facilmente, è micidiale per una fede che invece si affida ad un Dio non solo immaginato, ma fattosi addirittura carne. Di un Dio che ha posto la sua dimora in mezzo a noi, che ha camminato sulle vie di questo mondo esaltante e penoso, risorto e putrefatto.
     Tarlo tremendo che mi rode, che in fondo semplificherebbe tutto, che spiegherebbe tutto,  (il mondo è per molti versi incomprensibile, non creiamoci dei per toglierci le castagne dal fuoco, accettiamo il mistero e la morte, senza nulla attenderci se non il disfacimento. Di polvere siamo fatti, e in polvere torneremo), che renderebbe questo viaggio non voluto e accettato per forza assurdo, ingiusto, irragionevole eppure percorso da miliardi di uomini, in milioni di anni.

32-continua



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