Giovedì 29 settembre
1994
6.35
Partiamo da un punto fermo: è lecito per
l'uomo pensare ad un dio che in qualche modo rispecchia i propri desideri su
dio, è corretto immaginare un dio che ci sta bene. Il ragionamento è un po'
questo: Dio, se c'è, non può essere in contraddizione con alcuni princìpi che
mi risuonano dentro, che credo essenziali. Che arrivo a definire divini,
presenza incarnata di uno Spirito che è fuori di noi.
Sento dentro un rifiuto viscerale verso un dio, ad esempio, che
sia ingiusto...In pratica il ragionamento è un po' questo: su dio si è scritto
tanto, ci sono diverse religioni, c'è molta opinabilità, la disputa teologica è
assai ricca e articolata, almeno non mi sia negata la possibilità di credere ad
un Dio che 'mi piaccia', che 'mi prenda' umanamente.
Ad esempio per me è insostenibile l'idea di un dio che sia in
qualche misura implicato con il dolore e la morte. Se mi dicessero:
"Guarda, ti garantisco che per essere cristiano cattolico devi credere, è
necessario credere ad un dio che, per ragioni varie e misteriose, ha una qualche
responsabilità nel dramma della sofferenza, dell'immenso dolore dell'uomo e
della sua morte. Il nostro dio non è estraneo a questo." Ecco, se mi
obbligassero a giurare su questo, cambierei religione.
E' per me essenziale che io possa avere la libertà di credere ad
un dio del tutto estraneo al dolore. Mi viene la pelle d'oca al pensiero di una
teologia che mette il dolore e la morte come voluti da dio per purificarci, per
sferzarci, per farci capire che stiamo sbagliando. Pare sia, anche nel
cattolicesimo, superata l'idea della sofferenza e della morte come punizione per i peccati commessi. Per
fortuna!
Il mio dio (è giusto dirlo? Per me sì, per me la libertà, voluta
da Dio, ci lascia questo spazio) non può essere di questa razza. Lasciatemelo
dire, per favore. E per quel che ho approfondito io, nella sua
contradittorietà, nelle sue maglie larghe, nella sua sovrabbondanza
interpretativa, la Parola lascia questo spazio: il mio dio non ha nulla a che
fare con la sofferenza e con la morte. Saranno frutto della libertà, saranno
colpa del demonio, dio inferiore perché creatura di dio, ma comunque essere
superiore a noi. Sarà quel che sarà, ma lasciatemi pensare ad un dio che, da
buon padre, si inginocchia di fronte alla sofferenza, condivide, riesce a
piangere, non ha parole se non la testarda speranza di una vita migliore, di
un'altra vita dopo la morte.
Per me questo è basilare, infatti resto cristiano cattolico
perché mi è consentito questo ragionamento, questa visione di dio.
Un dio fatto ad immagine dei nostri bisogni più profondi. Ci
tornerò sopra.
40-continua
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