ph carlozanzi
Lunedì 26 settembre
1994 6.00
"All'aurora
Ti cerco, di Te ha sete l'anima mia." Ed eccomi seduto in questa aurora di
settembre, di estate ormai marcia, a cercare questo Dio, che mi avvolge nella
sua rete, che mi perseguita, che non mi molla, che mi fa sospettare che io,
cristiano, ci sono nato e ci morirò.
Impossibile non essere cristiani, diceva Mauriac, e il mio amico
Gino Montesanto, scrittore romanaccio, anche lui uomo alla costante ricerca di
Dio.
Ti cerco, ma dove vado? Da che parte? E sì, perché ieri parlavo
di esegesi, e il fatto che le molte esegesi inducano alla confusione, quindi
persino al rifiuto. Ma per me il problema è ancor prima, è più a monte, è
all'origine.
Questa parola è veramente Parola con la P maiuscola? Il pennino
è stato davvero intinto in inchiostro color del divino? Qui parte tutto, da
queste pagine tutto risale.
Il Libro. Non ho letto tutta la Bibbia, anche se più volte ci ho
tentato, perdendomi in un oceano procelloso, raramente quieto. Anzi, mi
verrebbe quasi da suggerire che non è buona cosa (soprattutto per chi è
giovane) mettersi dell'idea di leggersi tutta la Bibbia, dal principio alla
fine. C'è da sentirsi male, da annoiarsi. Soprattutto c'è da non capire. Peggio
dell'Ulisse di Joyce, peggio del Pendolo di Foucould di Eco...Meglio, forse,
seguire le indicazioni dell'amico Monsignor Adriano Caprioli: un libro la
volta, con un buon commento, ma non necessariamente partendo dalla prima sino
all'ultima pagina, come se si trattasse di un romanzo che necessita di non
perdere passaggi, onde non poter comprendere la trama. No, la Bibbia è qualcosa
di diverso.
Comunque torno al problema. Libro divino, dal quale discendono
-insieme alla tradizione- tutti i cristiani precetti. Già il fatto che da un
unico libro discendano scelte anche molto dissimili, provoca scandalo.
Prima obiezione: non è che si tratti semplicemente di un libro
scritto da uomini, molto bisognosi di un dio?
Se non metto in ordine questo punto, la certezza che il libro
sia in realtà un Sacro Libro, inutile continuare. Crollano miseramente le
fondamenta. Questo è il punto. Come riconvincermene?
Ho cercato più volte la convinzione, leggendo libri e libri,
anche piuttosto specifici. Ma sempre il tarlo: per forza, questo scrive così
perché è interessato a farlo, questa è solo una versione. E allora, che fare?
Sentire anche le altre campane. Da qui l'approccio con altri credi cristiani e
altre confessioni. Ed ecco la scoperta davvero sconfortante: la consapevolezza
dell'impossibilità materiale di poter leggere abbastanza, nel mare magnum della
pubblicistica religiosa, per poter accogliere le tesi dell'uno e dell'altro, e
quindi decidere con un minimo di libertà e di consapevolezza. Impossibile.
Leggere tutto è impossibile, anche ammettendo di avere a disposizione tutta la
giornata solo per questo. Il problema è che non tutta la giornata, ma solo le
briciole di tempo (soprattutto se si ha famiglia, se si hanno i figli piccoli,
se si deve lavorare) si possono riservare a questo studio 'matto e
disperatissimo'. Quindi la scelta di fede, per assurdo, va fatta prima, non
dopo. Perché un dopo non ci può essere, arriverebbe abbondantemente al di là di
una vita con un carico anche abbondante di anni.
Il tentativo naufraga e ci si trova con la possibilità di non
poter approfondire come lo si vorrebbe nemmeno la propria fede, nemmeno la
propria Parola. Da qui un senso di impotenza, e ancora di necessità di dover
decidere prima, ma in base a che cosa? Alla fiducia in coloro (Magistero e
teologi) che fanno questo di mestiere? Fidarsi di chi ha letto più di te?
Può sembrare banale, ma non lo è. Almeno per quanto mi compete.
Quindi il vissuto: niente, non posso assicurarmi su Dio e sulla sua Parola, per
impossibilità di tempo, limiti intellettivi. Meglio, la via per conoscere, per
farsi certi di Dio non passa dallo studio, dall'intelligenza dei Libri. Non
passa perché sarebbe impossibile vagliare tutto, non passa perché Dio non può
essere il Dio degli studiosi, dei secchioni, dei teologi. Perché se Dio fosse
questo, se si arrivasse alla certezza di un Dio così, di un Dio che opera tagli
aprioristici, allora non varrebbe nemmeno la pena mettersi in cammino.
Perché noi un'idea del dio che ci andrebbe bene, che vogliamo,
di cui abbiamo bisogno, questa idea ce l'abbiamo, altroché. E questo dio non
deve assolutamente essere ingiusto, come lo sono i nostri vip, i nostri
politici...come siamo noi. Dio deve essere giusto, deve donare a tutti in egual
misura.
Crolla quindi, per necessità, il ponte per arrivare a Dio
attraverso la conoscenza. Eppure questo crollo non tranquillizza affatto. Anzi.
C'è un bisogno imperioso, un bisogno primordiale di conoscere. Fa parte della
nostra natura. Non si può zittire l'intelligenza che sonda, abbandonandosi ad
una fede per sentito dire, ad una fede imposta per necessità.
Del resto, se non si parte dalla fede nella Parola, a cosa si
può credere? Solo al dio che davvero ci inventiamo noi. Solo a quel generico
trascendente, che ha nome iddio, che molti, che tutti gli uomini dovrebbero
avvertire perché è iscritto nei nostri
cromosomi.
Desiderio, che forse è già preghiera. Cioè: quel dio generico,
in fondo, è il volto più veritiero di Dio? E' il Suo unico volto possibile, per
non tradire le aspettative dell'intelligenza? Per non mortificare la nostra
ricerca?
Non a caso, la replica agli assalti altrui (penso alle altre
religioni) si mette insieme con estrema superficialità, e anche con
accanimento, Perché non si potrebbe fare altrimenti. Anche un Pico della
Mirandola, anche studiosi eccelsi non possono conoscere tutto. O si resta in
uno stato di latenza, di sospensione di un giudizio, o ci si accanisce, per
preservare il proprio territorio, per non soffrire, per non dover cercare una
nuova casa, o restaurare a mano pesante la propria.
A parte questo inciso, il problema resta. Come decidersi non per
un dio generico (su quello ho già deciso, e vedremo più avanti) ma per il Dio
della Parola? La domanda permane.
39-continua
Nessun commento:
Posta un commento