Domenica 25 settembre 1994
Mi conosco. Non sono capace
di attendere in posizione di stallo. O di qua o di là. Dentro o fuori. La
posizione di stallo, la critica puntuale, il dubbio sistematico ti fanno star
male, ti fanno tremare la terra di sotto i piedi, ti danno responsabilità,
obblighi di approfondimento, sensazioni di impotenza, di nullità, di pochezza.
Cogliere la sintesi, un percorso che vada dall'inizio alla fine appare
impossibile. Ma la scelta di rituffarsi nella Chiesa cattolica -di rituffarsi
con decisione- viene rinviata. Eppure la scelta è lì, già quasi pronta.
I dubbi, la voglia, il bisogno di capire un po' di più, di
rifiutare quindi una teoria già belle pronta, un'autorità nata per servire, non
di rado vista come luogo dove farsi servire, quale conto devono saldare con il
nostro egoismo? La nostra ambizione, in fondo in fondo, al quieto vivere?
Questo è un altro punto importante. Come è noto, quando uno vuol
difendere una posizione (ancor più se tale posizione è di comodo) non fatica a
trovare le attenuanti, le scuse...Mettiamo il caso che l'essere cristiani
obblighi (come obbliga) a fare scelte radicali, soprattutto in fatto di gestione
dei soldi, di accoglienza, di attenzione ai più poveri...E tali scelte di vita,
bisogna ammetterlo, sono costantemente richiamate in ambito ecclesiale. E'
vero, si parla molto, ci si riunisce molto, forse si è troppo intellettuali e
meno servi della povertà, ma al di là di questo le scelte radicali vengono
richiamate. A volte, poi, non si tratta di partire per l'Africa o di pranzare
coi barboni. Sono scelte più facili, è il leggere in chiesa, o il giocare coi
bambini all'oratoio, o il fare catechismo. Per farla breve: di fronte a
richieste che possono incrinare il nostro quieto vivere, come reagire? Magari
proprio accentuando (più o meno consciamente) il solco che i dubbi, le perplessità
scavano fra il dire e il fare. Questo posso testimoniarlo: quando uno ha fatto
il passo summenzionato, quando uno si è buttato, ha chiuso gli occhi e ha fatto
affidamento ad una fede, allora il fattore volontà, impegno, coerenza...salgono
di tono e di livello. Da qui la capacià di compiere scelte anche impegnative.
Quanto è dovuto alla grazia di Dio o alla semplice
suggestione-volontà dell'uomo? Ecco un altro punto decisivo. Perché a volte si
ha l'impressione che in fondo la voce di Dio, la mano, il braccio di Dio siano
troppo confondibili -quando non rappresentabili- solo con la volontà umana, che
accesa per varie ragioni muove il braccio e la mano, fa battere il cuore, rende
sensibili ai fratelli che hanno bisogno...E per me è stato, ed è, deludente non
riuscire a cogliere la Sua presenza certa nelle scelte di coerenza e di
testimaonianza cristiana.
E' deludente sospettare che in fondo è questione di buona
volontà. Controprova? Quanti laici bagnano il naso ai cattolici, in fatto di
virtù evangeliche, di carità, di fraternità. Quanti Nobel, ad esempio, per la
pace sono andati a cristiani e quanti a laici?
Bravi sono anche i laici, gli atei. Forse anche più bravi. Non a
caso, e a ragione credo, i ciellini sostengono che non è dalla bravura che si
distingue un cristiano. Ma è anche vero ch i santi sono stati dei bravissimi
uomini, delle ottime persone. Fede e opere: binomio micidiale. Ci hanno scritto
migliaia di pagine, ci aggiungo queste misere parole.
Non sono le opere che contano (anche i laici le fanno) ma la
fede in Colui che Ti aiuta a compierle. E se non le fai, se non riesci a farle,
vale comunque la fede. Ma poi c'è il rovescio della medaglia: troppo comodo
dire 'Signore, Signore' conta fare la Sua volontà, quindi le Sue buone opere.
Dubbio amletico, anzi, cristiano.
38-continua
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