Se
penso al decennio 2007-2016, in riferimento al ‘mio Dio’, trovo senz’altro l’immagine
di due sacerdoti, i soli preti che hanno affermato pubblicamente, in predica,
ciò che io penso: ‘Dio non è il padrone della morte. Dio è in qualche misura
impotente di fronte alla fine della vita. San Paolo afferma che l’ultimo nemico
ad essere annientato sarà la morte, quindi la morte –nemica dell’uomo- non può
essere nelle mani di Dio. Dio supera la morte con la resurrezione.’ Sono don
Marco Galfrascoli e don Marco Casale, attuale sacerdote al Lazzaretto. Mi
soffermo soprattutto sul primo, che ho conosciuto meglio, che è stato mio
amico, docente di religione alla Vidoletti, grande sportivo, fra le tante cose anche cappellano del Varese calcio. Ho conservato
alcune sue prediche scritte, dalle quali emerge chiaramente questa sua immagine
di Dio, che è la mia. Don Marco (in foto) è morto già da qualche anno, prematuramente.
Era un prete che non nascondeva la sua umanità, i suoi dubbi e i suoi limiti.
Era un prete attento alle persone, che amava la vita. Ricordo in ospedale, nell’ultimo
periodo della sua malattia senza scampo. Gli chiesi se la preghiera lo stesse
aiutando e lui, con il volto sofferente, mi rispose che pregava sempre. In quel
momento mi parve la preghiera di chi sta
per annegare e resta appeso a questa fune, disperato anche perché nel dubbio se
restare aggrappato a quell’ancoraggio, che chiamiamo Dio, oppure lasciarlo per ‘farla
finita’. Una preghiera sofferta, tragica eppure consolatoria. Ho voluto
ricordare don Marco nell’omonimo personaggio del mio ultimo racconto lungo, ‘Il
giorno che tremò la notte’, un prete senza molte certezze, in ricerca, coinvolto
in una sofferta fedeltà.
50-continua
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