venerdì 17 giugno 2016

Il mio Dio - 40



Giovedì 29 settembre 1994                                   6.35
  
       Partiamo da un punto fermo: è lecito per l'uomo pensare ad un dio che in qualche modo rispecchia i propri desideri su dio, è corretto immaginare un dio che ci sta bene. Il ragionamento è un po' questo: Dio, se c'è, non può essere in contraddizione con alcuni princìpi che mi risuonano dentro, che credo essenziali. Che arrivo a definire divini, presenza incarnata di uno Spirito che è fuori di noi.
     Sento dentro un rifiuto viscerale verso un dio, ad esempio, che sia ingiusto...In pratica il ragionamento è un po' questo: su dio si è scritto tanto, ci sono diverse religioni, c'è molta opinabilità, la disputa teologica è assai ricca e articolata, almeno non mi sia negata la possibilità di credere ad un Dio che 'mi piaccia', che 'mi prenda' umanamente.
     Ad esempio per me è insostenibile l'idea di un dio che sia in qualche misura implicato con il dolore e la morte. Se mi dicessero: "Guarda, ti garantisco che per essere cristiano cattolico devi credere, è necessario credere ad un dio che, per ragioni varie e misteriose, ha una qualche responsabilità nel dramma della sofferenza, dell'immenso dolore dell'uomo e della sua morte. Il nostro dio non è estraneo a questo." Ecco, se mi obbligassero a giurare su questo, cambierei religione.
     E' per me essenziale che io possa avere la libertà di credere ad un dio del tutto estraneo al dolore. Mi viene la pelle d'oca al pensiero di una teologia che mette il dolore e la morte come voluti da dio per purificarci, per sferzarci, per farci capire che stiamo sbagliando. Pare sia, anche nel cattolicesimo, superata l'idea della sofferenza e della morte come punizione per i peccati commessi. Per fortuna!
     Il mio dio (è giusto dirlo? Per me sì, per me la libertà, voluta da Dio, ci lascia questo spazio) non può essere di questa razza. Lasciatemelo dire, per favore. E per quel che ho approfondito io, nella sua contradittorietà, nelle sue maglie larghe, nella sua sovrabbondanza interpretativa, la Parola lascia questo spazio: il mio dio non ha nulla a che fare con la sofferenza e con la morte. Saranno frutto della libertà, saranno colpa del demonio, dio inferiore perché creatura di dio, ma comunque essere superiore a noi. Sarà quel che sarà, ma lasciatemi pensare ad un dio che, da buon padre, si inginocchia di fronte alla sofferenza, condivide, riesce a piangere, non ha parole se non la testarda speranza di una vita migliore, di un'altra vita dopo la morte.
     Per me questo è basilare, infatti resto cristiano cattolico perché mi è consentito questo ragionamento, questa visione di dio.
     Un dio fatto ad immagine dei nostri bisogni più profondi. Ci tornerò sopra.

40-continua



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