mercoledì 24 agosto 2016

Il giorno che tremò la notte



....Si sedette. Si senti all’improvviso stanchissimo. Scoppiò la fatica di molte ore di lavoro. Ma forse era una fatica più profonda, una delusione che gli stava tarlando l’anima.
La testa pesante gli cadde sulle mani. Pianse. Si sentì tradito. Nel luogo del dolore, della sconfitta risentì il lamento del Cristo in croce: perché mi hai abbandonato? Il crocifisso lo chiedeva a suo Padre, a Colui che avrebbe dovuto amarlo più di ogni altro.
Erano tutte castronerie. Era un’invenzione. Ecco che tornava il dubbio atroce. Sempre così. Negli spazi di euforia Dio era inconfutabile. Nel dolore del mondo, nel gemito dei corpi feriti Dio si faceva necessaria trovata dell’uomo. Sempre così, ma don Marco sapeva come fare per liberarsi da quel sospetto lancinante. Era in grado anche di giustificarlo, di fronte ai fedeli, lui sul pulpito, con il Vangelo all’ambone, davanti, scritto a grossi caratteri, perché non ci si potesse confondere con altre parole divine. Sapeva trovare la strada teologica, biblica, filosofica e –se era il caso, a seconda di chi stava ascoltando- anche parole semplici per garantire la protezione di un Padre amorevole. E in ogni caso restava l’ultimo approdo, la resurrezione. La via d’uscita era comunque assicurata. Bisognava crederci: se no, che fede sarebbe stata senza quell’esito? Lo diceva San Paolo, uno che dopo aver tradito aveva scoperto la verità, che aveva saggiato l’altra versione della vita, quindi non poteva avere rimpianti.
Dalla luce dell’uscio saliva l’odore della tragedia. Freddo, parole, terra e polvere, pianti e gli ordini precisi del tenente colonnello dei Carabinieri, che aveva visto arrivare con la camionetta. Don Marco provò a scrollarsi la testa: per svegliarsi da un incubo, per cercare di mettere in ordine i pensieri come si fa col setaccio, separare il buono dallo scarto, mondare la verità dalle bugie.......        




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