domenica 20 maggio 2018

Gino Paoli, uomo sazio


                                                                                                ph carlozanzi
   


Paoli Gino, cantautore…e uomo sazio: “Ho avuto tutto dalla vita” ha detto ieri sera, sul finire di una lunga intervista alle Ville Ponti, “non ho desideri, sono un uomo sazio. Ho avuto accanto persone straordinarie, che mi hanno dato tantissimo.” E poi un accenno anche su Dio: “Non sono credente, nemmeno ateo, direi di essere agnostico…Dio c’è? Chissà…ma se fossi credente ringrazierei Dio per le cose belle, non lo pregherei solo quando sono nella merda e ho bisogno del suo aiuto.”
Gino Paoli, cantautore: 83 anni e ancora vitalità e voglia di ‘cantarle’ alla vita. Sta lavorando ad un disco dal titolo: ‘Canzone interrotta’. Ieri sera a Varese ha ritirato il Premio Chiara-le parole della musica. Ma prima una lunga chiacchierata, animata da Enrico De Angelis (che su Gino ha scritto anche un libro) e da Vittorio Colombo. E Paoli di domanda in domanda ci ha preso gusto. Non si è sottratto ai ricordi, da quegli inizi a Genova Pegli: “Durante la guerra proprio vicino a casa mia stavano i tedeschi, con i loro carri armati, poi sono arrivati gli americani con i loro carri armati, che avevano dentro tutto, compreso dischi e giradischi, meno i cibi freschi. Noi avevamo un orto di guerra, loro vedevano la nostra verdura, così scambiavo i pomodori con i V-Disc, i Victory Disc, dischi realizzati appositamente dai cantanti Usa per i soldati. Così ho scoperto la musica americana, poi c’era la musica operistica amata da mio padre…” A ciò vanno aggiunti i cantautori francesi (Trenet, Brassens…), la musica napoletana e quella Genova dei cantautori (Paoli, Lauzi, Tenco, De Andrè…). Così è nato il Gino Paoli che abbiamo conosciuto, che per la verità faceva il pittore ma è stato convinto a fare il cantautore. “Con Luigi Tenco dividevamo tutto, suonava il sax abbastanza bene, si faceva in modo che ci fosse sempre un brano per lui, con il sax…De Andrè? Li chiamavamo i tre sfigati, lui, Paolo Villaggio e Fontana, sempre al Bar Olimpia con i visi tristi, depressi…” Così abbiamo scoperto che Paoli era un lettore compulsivo, leggeva moltissimo, che ha tutta una sua visione della malinconia (“Il termine viene non da tristezza ma da melodia…”), che non apprezza affatto il presente (“Siamo invasi da alieni che giungono dal pianeta I-diot, che si trova vicino alla luna”), che la canzone che più lo rappresenta è ‘Cosa farò da grande’, mentre ‘Una lunga storia d’amore’ non riassume la storia con le sue molte donne, ma un incontro di un attimo, una bellezza vista e subito sparita.  
Ogni tanto qualche parolaccia, qualche aneddoto folgorante (“Quando a Lauzi una signora chiese perché i cantautori fossero soliti scrivere canzoni tristi, lui rispose –Signora, quando scopo non so dove tenere la chitarra!-), grande riconoscimento alle donne ("Sono più forti di noi uomini, non c'è niente da fare!") e infine il premio, offerto da Openjobmetis.

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