ph valentina zanzi
Cerco
di esprimere il vissuto. Capita che intorno ai 50, anche 55 si tirino le prime
somme, è un momento cruciale, si spera di non finire nella lista dei falliti...perché
non c’è ritorno. Più innanzi, se si supera il primo step, se qualche conto
torna ci si rassicura, si gode di qualche attimo di pace ma dopo i 60 tornano
le domande di senso e di verifica: sì, va bene, qualcosa ho seminato, qualcosa
ho raccolto, ma può bastarmi? Che segno lascio del mio passaggio? Quanto ho
contribuito al bene, al bello, a far sì che la storia abbia tratto vantaggio
positivo dalla mia apparizione di un attimo? Insomma: si pretende di più. Del resto
chi, per noi, è più importante di noi? Certo, gli affetti, chi amiamo…ma siamo
sinceri: siamo noi, infine, la nostra vita. E qui è dura, perché il vissuto che
la storia avrebbe potuto benissimo fare a meno di noi si impone. E ora apro l’ombrello,
per ripararmi dalla pioggia dei vostri ma cosa pretendi? Ma datti da fare
anziché filosofeggiare…Vi capisco e vi giustifico, eppure sono pensieri
ricorrenti in chi la sera, nel silenzio, mentre abbrustoliscono le melanzane
sul fuoco e una piccola fiamma illumina una sala, non s’accontenta di non
pensare.
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