domenica 13 maggio 2018

Limonov e il Creatore

                                                                                          ph valentina zanzi


E così anche Eduard Veniaminovich Savenko, in arte Limonov, cede alla suggestione, alla ‘necessità’ di affidarsi ad un Dio. “Io credo in Dio” ha detto ieri sera in conferenza stampa a Ra Cà dur Barlìch di San Fermo. “Certo, non in Cristo; se vi aspettavate che dicessi che sono cattolico o cristiano ortodosso resterete delusi. Credo in un Creatore.” E nel suo ultimo libro, Zona Industriale, biografia degli ultimi 15 anni, pare vi siano molti passaggi al riguardo, come quello rispetto all’esperienza del carcere, quattro anni per lui, dissidente politico nella sua Russia. “In carcere è come essere in monastero, si vive nell’ascetismo. Posso dire che ero più saggio in prigione di quanto non lo sia ora. Del resto io cerco di vivere ogni esperienza: ero in carcere, dovevo vivere in quella nuova condizione.”
Bisogna dar merito all’associazione Terra Insubre per aver portato a Varese, reduce dai successi del Salone del libro di Torino, Limonov, classe 1943, russo inquieto, che a 11 anni, guardando fuori dalla finestra, buttando gli occhi su un triste panorama, pensò: “Non passerò tutta la mia vita guardando questo albero merdoso!” E così ha fatto: ha vissuto a New York, a Parigi, ha fondato il partito clandestino nazional-boscevico, ha fatto mille mestieri, ha avuto molte donne, parla diverse lingue, è stato in guerra, ha scritto poesie e romanzi, ha fatto i lavori più umili e ora la sua vita è diventata emblema della vita spericolata e quindi intrigante. Deve tutto questo spreco di notorietà soprattutto allo scrittore francese Emmanuel Carrère, che ha scritto una sua biografia romanzata, best seller da 600.000 copie (più 200.000 nell’edizione tascabile).
“Conosco la Francia e i francesi” ha detto ieri Limonov. “E’ un paese politicamente corretto, infarcito di tabù, quindi si vede che i lettori francesi avevano bisogno di guardare nel buco della serratura vite come la mia. Pare che in Francia manchi un personaggio come Limonov.” Tagliente e irriverente, Eduard definisce Carrère un utile nemico (disse a suo tempo che lui è un borghese, quindi sta dall’altra parte della barricata) e racconta del loro incontro: “Ho incontrato Carrère per la prima volta agli inizi degli anni 80, perché lui aveva recensito un mio libro. Mi diede un passaggio in moto. Nel 2006 ci siamo rivisti a Mosca, per la verità si fermò una settimana e alla fine rompeva anche: voleva parlare di me sulla rivista 21° Secolo, e in effetti il pezzo uscì. Poi al telefono mi comunicò della sua idea di scrivere la mia biografia. Sinceramente non credevo l’avrebbe scritta né tanto meno che avrebbe avuto tutto questo successo. Gli sono grato, mi ha rivitalizzato, sono tornato in auge grazie alla notorietà di questo libro.”
Con Limonov, ieri sera, anche Andrea Mascetti di Terra Insubre, una traduttrice e l’editore Sandro Teti, che ha dimostrato di conoscere il russo e di credere assai in ‘Zona industriale’ e nel suo autore. Molte le domande sul pensiero politico di Eduard Savenko, che definisce Putin un moderato, troppo dipendente dagli Usa: “Putin è un front-man credibile, ma dietro a lui vi sono una trentina di persone che decidono la linea politica. Lui ha molto meno potere di quanto si creda. Gli Usa? Dopo aver vinto la Seconda Guerra Mondiale si sono montati la testa, si credono gli eredi dell’antico Impero Romano, spero che i messicani invadano gli Stati Uniti, a mio avviso il vero pericolo per l’umanità. Ma sono alla fine del loro dominio, vedo –sempre pericolosa- l’avanzata della Cina.” E i russi? Il suo popolo? “L’Europa ci chiama solo quando ha bisogno di noi, vedi con Napoleone, con Hitler. Siamo europei a tutti gli effetti, 118 milioni di russi europei, i russi asiatici sono solo 23 milioni. Non siamo bastardi ma europei a pieno titolo. E dovrete sempre avere a che fare con noi.”
Finisce la conferenza stampa e un folto pubblico attende Limonov per la seconda parte della serata. L’ultima battuta è per l’Italia: “Volevo imparare l’italiano, avevo preso dei libri perché sapevo di aver tempo, 15 anni di carcere, poi gli anni sono diventati solo 4 e allora non ho imparato la vostra lingua. Ho conosciuto l’Italia in attesa del visto per gli Usa, nel 1973/74, ero a Roma, ricordo soprattutto scontri e bandiere rosse al vento, mi piaceva quel casino!”

Ecco Eduard Veniaminovich Savenko, in arte Limonov. Se volete saperne di più sapete come fare: c’è una corposa biografia romanzata scritta da Carrère, ci sono i suoi libri. E un buco della serratura senza chiave, per spiare chi ha scelto di vivere tante vite. 

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