E
così anche Eduard Veniaminovich Savenko, in arte Limonov, cede alla
suggestione, alla ‘necessità’ di affidarsi ad un Dio. “Io credo in Dio” ha detto
ieri sera in conferenza stampa a Ra Cà dur Barlìch di San Fermo. “Certo, non in
Cristo; se vi aspettavate che dicessi che sono cattolico o cristiano ortodosso
resterete delusi. Credo in un Creatore.” E nel suo ultimo libro, Zona Industriale,
biografia degli ultimi 15 anni, pare vi siano molti passaggi al riguardo, come
quello rispetto all’esperienza del carcere, quattro anni per lui, dissidente
politico nella sua Russia. “In carcere è come essere in monastero, si vive
nell’ascetismo. Posso dire che ero più saggio in prigione di quanto non lo sia
ora. Del resto io cerco di vivere ogni esperienza: ero in carcere, dovevo
vivere in quella nuova condizione.”
Bisogna
dar merito all’associazione Terra Insubre per aver portato a Varese, reduce dai
successi del Salone del libro di Torino, Limonov, classe 1943, russo inquieto,
che a 11 anni, guardando fuori dalla finestra, buttando gli occhi su un triste
panorama, pensò: “Non passerò tutta la mia vita guardando questo albero
merdoso!” E così ha fatto: ha vissuto a New York, a Parigi, ha fondato il
partito clandestino nazional-boscevico, ha fatto mille mestieri, ha avuto molte donne,
parla diverse lingue, è stato in guerra, ha scritto poesie e romanzi, ha fatto
i lavori più umili e ora la sua vita è diventata emblema della vita spericolata
e quindi intrigante. Deve tutto questo spreco di notorietà soprattutto allo scrittore
francese Emmanuel Carrère, che ha scritto una sua biografia romanzata, best
seller da 600.000 copie (più 200.000 nell’edizione tascabile).
“Conosco
la Francia e i francesi” ha detto ieri Limonov. “E’ un paese politicamente
corretto, infarcito di tabù, quindi si vede che i lettori francesi avevano
bisogno di guardare nel buco della serratura vite come la mia. Pare che in
Francia manchi un personaggio come Limonov.” Tagliente e irriverente, Eduard
definisce Carrère un utile nemico (disse a suo tempo che lui è un borghese,
quindi sta dall’altra parte della barricata) e racconta del loro incontro: “Ho
incontrato Carrère per la prima volta agli inizi degli anni 80, perché lui
aveva recensito un mio libro. Mi diede un passaggio in moto. Nel 2006 ci siamo
rivisti a Mosca, per la verità si fermò una settimana e alla fine rompeva anche:
voleva parlare di me sulla rivista 21° Secolo, e in effetti il pezzo uscì. Poi
al telefono mi comunicò della sua idea di scrivere la mia biografia.
Sinceramente non credevo l’avrebbe scritta né tanto meno che avrebbe avuto
tutto questo successo. Gli sono grato, mi ha rivitalizzato, sono tornato in
auge grazie alla notorietà di questo libro.”
Con
Limonov, ieri sera, anche Andrea Mascetti di Terra Insubre, una traduttrice e l’editore
Sandro Teti, che ha dimostrato di conoscere il russo e di credere assai in ‘Zona
industriale’ e nel suo autore. Molte le domande sul pensiero politico di Eduard
Savenko, che definisce Putin un moderato, troppo dipendente dagli Usa: “Putin è
un front-man credibile, ma dietro a lui vi sono una trentina di persone che
decidono la linea politica. Lui ha molto meno potere di quanto si creda. Gli
Usa? Dopo aver vinto la Seconda Guerra Mondiale si sono montati la testa, si
credono gli eredi dell’antico Impero Romano, spero che i messicani invadano gli
Stati Uniti, a mio avviso il vero pericolo per l’umanità. Ma sono alla fine del
loro dominio, vedo –sempre pericolosa- l’avanzata della Cina.” E i russi? Il suo
popolo? “L’Europa ci chiama solo quando ha bisogno di noi, vedi con Napoleone,
con Hitler. Siamo europei a tutti gli effetti, 118 milioni di russi europei, i
russi asiatici sono solo 23 milioni. Non siamo bastardi ma europei a pieno
titolo. E dovrete sempre avere a che fare con noi.”
Finisce
la conferenza stampa e un folto pubblico attende Limonov per la seconda parte
della serata. L’ultima battuta è per l’Italia: “Volevo imparare l’italiano,
avevo preso dei libri perché sapevo di aver tempo, 15 anni di carcere, poi gli
anni sono diventati solo 4 e allora non ho imparato la vostra lingua. Ho
conosciuto l’Italia in attesa del visto per gli Usa, nel 1973/74, ero a Roma,
ricordo soprattutto scontri e bandiere rosse al vento, mi piaceva quel casino!”
Ecco
Eduard Veniaminovich Savenko, in arte Limonov. Se volete saperne di più sapete
come fare: c’è una corposa biografia romanzata scritta da Carrère, ci sono i
suoi libri. E un buco della serratura senza chiave, per spiare chi ha scelto di
vivere tante vite.
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