Non si ferma la vena creativa di Saul Bertoletti, nome d’arte Saul. Dopo
diversi progetti non ‘ufficiali’, ecco un nuovo cd, undici brani scritti
(parole e musica) da Saul: ‘The Infinite Inside’.
Da rimarcare l’interesse che Saul ha suscitato verso l’etichetta
discografica emiliana ‘Go Country Records’ che produce, pubblica e promuove un
ampio spettro di musica americana, dall’Hillbilly & Roots Country
al Bluegrass, dal Folk all’Americana.
Il quarantenne cantautore luinese-scozzese (per oltre vent’anni è vissuto
in Scozia) propone brani Folk-Rock e canzoni che richiamano con più
convinzione il genere Folk-Country.
Testi in inglese, musica di ottima fattura, grazie al contributo di Guido
Zanzi (che è anche il produttore dell’album), Umberto Bellodi, Andrea Perino,
Riccardo Cugnasco, Sara Mainardi, Gino Mancuso, Alessandro Grisostolo e Alessandro
Pioppo e soprattutto di Mattia Manzoni che oltre a dare il suo contributo come
tastierista ha curato il mastering finale.
Incontriamo Saul a Varese, presso i Toeplitz Recording Studio, dove sono
stati registrati i brani, fra l’ottobre del 2019 e il gennaio del 2020. Detto
del genere musicale, ci interessa capire soprattutto i testi, perché le parole
sono nota fondamentale nel lavoro di Saul, che punta molto sul contenuto non
solo musicale.
‘The Infinite Inside’ spiega Saul, “l’infinito dentro…sì, il fil rouge di
tutte le canzoni del mio nuovo album è l’infinito. La mia fonte di ispirazione
è stata l’Infinito di Giacomo Leopardi, sono stato di recente a Recanati.
Importante è stato anche l’incontro con Davide Rondoni e la sua lettura
dell’Infinito leopardiano. Ho cercato di immaginare come tutto e tutti noi
facciamo parte di una linea che ci unisce; dovremmo essere più critici su come
spendiamo il tempo di queste nostre vite brevissime. L’album contiene anche
riferimenti alla mia visione agnostica dell’infinito. Ci si può sentire parte
di qualcosa di infinito, senza credere nell’al di là? Sì, perché nascita e
morte sono piccolissime gocce nell’oceano dell’infinito.”
Vediamo allora, in sintesi, il significato dei testi dei singoli brani.
“La prima traccia è ‘Weapons’ – Armi” spiega Saul. “Riprendo qui alcuni
temi particolarmente sentiti, cioè la mia reazione all’era dell’informazione
tecnologica. I social network sono come dare una pistola ad un bambino, possono
distruggere la realtà in pochi secondi. La ricerca della verità è falsata, le
opinioni sono ormai l’unica verità. Il secondo brano è ‘And I Woke’ – E Mi Sono
Svegliato – una ballata introspettiva e un po’ autocritica. Mi è capitato di
spendere le mie energie in cose apparentemente importanti ma che poi si sono
rivelate futili e hanno distratto e dirottato la mia ‘missione’ alla ricerca di
me stesso.
Abbiamo poi ‘Underclass of ‘92’, che è la traccia più amarcord dell’album.
Parla dei miei vent’anni e della fortuna di vivere ancora il rock’n’roll come stile
di vita, prima dell’era digitale. Il 1992 è stato l’anno dove la controtendenza
UK ha cambiato la musica dance in rock, e vederla cambiare con gli occhi da
teenager è stata quasi come l’esperienza dell’arrivo del rock negli anni ’60.
‘Greasy Surface’ - Superficie Oleosa - è una metafora che mi piaceva
sviluppare: su una superficie oleosa l’acqua forma piccole gocce che non si
incontrano, un po’ come le nostre vite; siamo connessi o è solo una sensazione
e in realtà non ci si incontra mai?
‘Me, No One or Someone Else’, cioè io, nessuno o qualcun altro: è una
riflessione sul nostro futuro.
Quando andremo sotto terra, saremo solo un mucchio di ossa? Forse saremo
davvero solo cibo per vermi. Dico nel testo: per dimostrare la mia teoria,
vieni e scuoti la mia bara, il suono che sentirai saranno solo ossa marce.
Poi abbiamo la traccia che dà il titolo all’album, ‘The Infinite Inside’-
L’Infinito Dentro. La domanda retorica nel ritornello “Come potrei? Giuro che
sento l’infinito” si riferisce al fatto che la nostra spiritualità a volte è
così forte che non riusciamo nemmeno a respirare, una forma di sublime che
continua, come l’oceano o il vento che ci fa sentire parte di qualcosa di
immenso. Si vivono due sensazioni: la vita è preziosa, ma nel contempo ci si sente
vulnerabili.
Il concetto di ‘Quicksand’ – Sabbie Mobili - è un po’ questo: sii felice
non solo per te stesso ma anche per gli altri, perché l’infelicità porta di
solito ad essere crudeli e conduce gli altri nelle tue sabbie mobili
dell’infelicità.
Amo Shakespeare, il bardo ha ispirato il mio brano ‘To Thine Own Self’, sii
vero con te stesso, frase che pronunciò Polonious in Hamlet. Cerchiamo di
essere onesti almeno con la nostra anima. E siamo al brano numero nove, ‘The
Circle of Neglect’, il circolo dei trascurati. Mi immagino un girone dantesco,
persone trascurate sono in costante moto di poco amore per se stessi e non
riescono ad uscirne, facendo del male a loro stessi e agli altri. Vivere la
vita in modo coraggioso non è da tutti, molti preferiscono scendere a scomodi
compromessi e poi sfogarsi con il prossimo.
‘Afterlife’ - Vita dell’Aldilà - è una canzone ironica: le religioni
puntano sull’aldilà, ma si dimenticano che la vita dell’aldiquà va vissuta e
amata.
Infine ecco ‘The Wind and the Crows’ - Il Vento e i Corvi - è un brano
allegorico, il vento è simbolo dell’infinito, i corvi -secondo molte culture-
rappresentano la precarietà della vita, quindi senti il vento come forma di
eterno, e osserva i corvi come costante richiamo alla brevità del nostro
esistere.”
Carlo
Zanzi
ph valentina zanzi
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