Se
ripenso al mio ritorno dal militare, fine 1979, e poi al 1980, al 1981, anno
del mio matrimonio, noto un crescendo di ‘intensità esistenziale’, di impegno
nel lavoro e in Comunità. La Shalom, nel 1980, festeggia i dieci anni di vita
con varie iniziative e un pellegrinaggio a Roma, che vivo con fede. Fra le
persone che ricordo più intensamente rivedo don Gabriele Castelli, un nostro
amico diventato prete proprio nella Capitale. Di lui ammiravo la dedizione, l’attenzione
ai ragazzi di borgata. E in quel periodo un altro mio amico ha segnato non poco
la mia vita: Mauro Serragli, che proprio in quegli anni diventava missionario
Comboniano, con destinazione Uganda. Esempi di amici capaci di scelte radicali.
Sull’entusiasmo della scelta vocazionale di Padre Mauro, contribuii ad animare
un gruppo missionario parrocchiale, entrai anche nel Gruppo missionario
decanale, moltiplicai gli impegni in servizi ecclesiali. In Comunità ero
lettore, cantavo nel gruppo canti, ero fra i responsabili del giornalino parrocchiale,
cercavo di dire la mia agli incontri (mai con posizioni di critica), prendevo
persino gli appunti delle prediche di don Angelo, durante la Messa. Curavo la
vita spirituale, non avevo dubbi di fede, ma il desiderio forte di ‘piegare’ il
mio egoismo, per donarmi agli altri. Avevo stretto amicizie importanti, fra gli
altri con Paolo e Carla, con i quali Carla ed io decidemmo di condividere il
matrimonio: stesso giorno di nozze, un solo rito per due coppie, per
testimoniare l’appartenenza ad una comunità più grande di quella matrimoniale.
Pur di non allontanarci da Biumo, ricordo che ipotizzavamo anche una abitazione
comune. Andammo a vedere una vecchia casa sulle rive del nauseabondo torrente Vellone,
un luogo malsano: oggi non ci passerei una sola giornata. Ma allora la forza
dell’ideale era tale che ci rendeva capaci di scelte rischiose, come quella di
andare in viaggio di nozze in Uganda, a trovare l’amico Padre Mauro. Scelta che
fu scartata all’ultimo momento, causa la guerra. Per fortuna (oggi lo posso
affermare) non trovammo casa lì e accettammo (nostro malgrado!!!???) un appartamento
a Sant’Ambrogio, che era di mio suocero.
18-continua
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