Agli
inizi degli anni Ottanta don Angelo, sempre desideroso di trovare nuove vie per
migliorare qualitativamente la ‘sua’ Comunità Shalom, propose la nascita delle
diaconìe (oltre al Gruppo Voti, sempre esistente). Alcuni di noi, scelti dal
don, divennero diaconi, cioè in qualche modo ‘responsabili spirituali’ di
alcuni amici, inseriti nella loro diaconia. Io fui scelto fra costoro, e per
qualche tempo vissi anche questa responsabilità, che presi assai seriamente.
Inoltre Carla ed io, sposi, eravamo catechisti nei confronti di giovani coppie,
animavamo il Gruppo Missionario parrocchiale e decanale. Insomma, oltre alla
mia professione, messo da parte anche lo sport, vivevo molto intensamente
questa esperienza comunitaria, la fede per me non era solo
la Messa domenicale ma molto di più. Entravo sempre più nella parte del
cattolico praticante, impegnato, che avrebbe dovuto dare testimonianza
missionaria della sua fede in Dio, senza rimanere alla finestra. Ma ricordo
anche che in quel periodo Carla fu la prima a ‘regalarmi’ qualche dubbio di
fede, con le sue domande senza risposte (ricordo ad esempio le nostre letture,
preparandoci al matrimonio, fra gli altri il libro ‘Amore e responsabilità’ di
Papa Giovanni Paolo II), le sue riflessioni filosofico-teologiche che andavano
al di là degli argomenti che trattavamo negli incontri Shalom. Domande che non
scalfivano la mia barriera protettiva, le mie certezze su Dio, preso piuttosto
a mettere in pratica, a seguire la linea ecclesiale che mi veniva indicata. Pregavo
molto, seguivo con devozione la liturgia, avevo ammirazione per quanti mi
davano testimonianza di una fede capace di rivoluzionare la vita, soprattutto i
missionari, o i laici che vendevano tutto e cambiavano vita. Ricordo ad esempio
Marcello Candia, don Vittorio Pastori, oltre al mio amico ‘Baffo’ e a tanti
altri.
19-continua
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