Dopo
la maturità classica avevo davanti tre vie per il futuro: giornalismo, medicina
e insegnamento di educazione fisica. Scelsi per la terza via, diciamo pure la
meno impegnativa, la più sicura, che comunque mi interessava. I miei genitori
non dissero nulla e accettarono la mia scelta. Si lamentò invece la mia cara
zia Maria, sorella di mio papà, che aveva letto i miei temi di quinta
elementare e vedeva in me un potenziale giornalista-scrittore, come suo figlio
Pierluigi. Forse le avevo raccontato la storia del diario ‘rapito’ e della
curiosità di mia madre, fatto sta che mi regalò nel 1975 (non ricordo se per il mio compleanno, 15
giugno, o se per San Carlo, 4 novembre) un diario verde con tanto di lucchetto,
per sicurezza. Sperava in un mio ripensamento? Voleva invogliarmi alla
scrittura? In ogni caso ringrazio mia zia per quel regalo, sul quale annotai,
come prima scrittura, una breve frase, in data 24.XI.1975, a dimostrazione del
mio genio letterario: ‘Sono le 9 passate da poco, e fra non molto andrò al
Pronto Soccorso perché ho un ginocchio (quello destro) che mi fa molto male.
Sono nero!’
Si
noti la capacità di sintesi e la chiarezza espositiva.
Quel
diario mi ha accompagnato per tre anni, sino alla fine del 1978, quando sono
partito per il militare, con una coda poi nel 1980. Per la prima volta prendevo
coscienza del mio bisogno di scrivere non solo per ricordare, ma anche per fare
un minimo di chiarezza dentro di me. La scrittura come aiuto nella riflessione
interiore. Ma nessun desiderio di scrittura creativa. Impegnato nello studio
all’Isef e nelle prime supplenze scolastiche, sempre più attivo nella Comunità
Shalom, non avevo molto tempo per altro.
6-continua
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