venerdì 29 luglio 2016

La recensione di Donata


Solo oggi sono venuto a conoscenza di questa bella recensione, scritta dalla giornalista di Crema Donata Ricci (foto in alto, dal suo profilo fb) per la rivista 'Late for the sky', relativa al concerto di Mock & Greg Harris del 4 aprile 2015 a Castelleone. Pongo rimedio oggi.



GREG HARRIS with MARCO ZANZI
Castelleone (CR) Associazione Culturale ALICE NELLA CITTA’
4 aprile 2015

Alla vigilia di Pasqua, in un tranquillo borgo della Bassa intento alla messa di mezzanotte, si officia il rito pagano di un concerto country rock. Riflettendoci bene, chiamarlo “concerto” mi sembra riduttivo, piuttosto parlerei di una ben più articolata “esperienza”. In tanti anni di bulimia live non mi era mai capitato di assistere ad un coming out esistenziale di siffatta portata: “Ciao, sono Marco Zanzi. Due anni fa i medici mi avevano dato tre mesi di vita, ma sono ancora qui. Voglio continuare a fare musica per non sprecare neanche un giorno”. Dritto al cuore, inchiodandoci alle sedie. “Niente paura – aggiunge Marco – è proprio in questi due anni che ho vissuto veramente, sono diventato addirittura più creativo. Perciò lo dico a tutti: non mollate e tirate fuori il meglio anche dalle situazioni più drammatiche”. A riprova, si materializza una serata assolutamente scevra di cupezza, bensì luminosa e frizzante.
Dopo il breve set acustico di Marco, lo raggiunge sul palco Greg Harris e da qui in poi i due pards, supportati dalla sezione ritmica, liberano chitarre, banjo e violino in una rilettura appassionata del songbook country rock. Ora, non voglio tediarvi con note biografiche che già conoscete, al massimo permettetemi di rinviarvi alle due esaustive monografie di Paolo Crazy Carnevale (LFTS n. 119 e 120). Soltanto due cose: Greg Harris, classe 1952, è un californiano di San Diego, poi trasferitosi in Texas, che tuttavia si è lasciato adottare di buon grado dal nostro paese, tanto è vero che il suo ultimo disco, Long lonesome feelin, è stato pubblicato, giusto l’anno scorso, dalla milanese Appaloosa Records; Marco Zanzi invece è un varesino innamorato del suono americano, tanto da dividere la propria attività artistica tra il Nord Italia ed il North Carolina. Quello che piace è che insieme danno vita al mirabile incontro di due culture. Ma Greg è anche un pezzo di storia del West Coast sound e ha militato in formazioni leggendarie, Byrds e Flying Burrito Brothers su tutte, cosa che non gli dispiace affatto ricordare questa sera. La scaletta infatti è da brivido e si apre con un inequivocabile The gilded palace of sin, brano che appartiene alla sua recente produzione ma che mutua il titolo, con legittimo senso di appartenenza, dall’opera prima dei FBB. “I was only seventeen in 1969…” potrebbe essere il classico incipit di innumerevoli storie personali. Qui introduce il racconto dell’ iniziazione musicale di Greg, in cui ci possiamo ritrovare in molti: l’amico che ha comprato un disco con le sudate mance, il primo febbricitante ascolto carbonaro nella sua cameretta, il big bang emozionale conseguente ed è fatta: con la musica si dividerà more uxorio la vita intera. Del resto si trattava di Sweetheart of the rodeo. Poi si dispiega un ventaglio di canzoni talmente storiche da comporre un bignami del country rock: Streets of Baltimore, Hickory wind, My back pages, Orange blossom special, Christine’s tune (Devil in disguise), Can you fool e potrei continuare. I Byrds incontrano Dylan, Johnny Cash viaggia nello stesso vagone dei FBB e pure gli Allman ci saltano sopra in corsa. Ballate epocali cui ogni parola recherebbe danno: ci siamo cresciuti insieme e tanto basta. Qua e là Greg colloca le proprie ultime composizioni, di ampio respiro e molto gradevoli, come Long road to nowhere e The last of the great old country rockers. Il suono si colora talvolta di bluegrass, talaltra di western swing. E quando annuncia “It’s fiddle time!” scatena il violino in un’entusiasmante interpretazione di Take a city bride, con l’approvazione di Gene Parsons. Quando tocca a Marco, ci propone la sua bella Time to start again (Time to fly again), titolo decisamente autobiografico che ci sentiamo di condividere e di considerare il nostro augurio affettuoso a questo valente musicista e valoroso combattente. E così, mentre Greg e Marco duettano in totale sintonia, il pubblico resta catturato per l’intera, generosa, durata di due ore e mezza. Sono mancate all’appello della mia personale setlist soltanto due canzoni, curiosamente corrispondenti ad altrettanti luoghi geografici: Colorado, composta da Rick Roberts nel periodo FBB e Mexico, sognante ballata cofirmata Greg Harris/Rick Danko. Ma può bastare il ricordo della genesi di Mexico secondo il racconto dei protagonisti: Greg, Rick (Danko) e Rick (Roberts) sono sul bus durante il tour per il ventesimo anniversario dei Byrds, anni 80; uno di loro abbozza un ritornello, gli altri si uniscono con le armonie e ne viene fuori una ballata che profuma di “sweet tequila” e “soft warm nights down in Mexico”.
Questa notte padana non è esattamente una warm night, anzi è piuttosto fredda. Uscendo dal locale di Alice nella città (a proposito: un plauso a questi ragazzi che da anni portano la cultura in provincia) già pregusto il tepore di casa. Allora un pensiero grato va a Greg, a Marco e a tutti quei musicisti di nicchia che battono circoli e teatrini fuorimano, macinando asfalto e appoggiando custodie in camere d’albergo sempre diverse, eppure sempre uguali. Non è certo una novità: spesso i migliori concerti, quelli che sanno offrire non soltanto buona musica, ma anche esperienze, rivelazioni, epifanie, quelli dove puoi fare la conoscenza dei musicisti e chiacchierarci come fossero vecchi amici, ecco, i concerti di questo genere sono estranei al circuito delle grandi agenzie di promozione. Viaggiano sottotraccia e si sostengono sul passaparola. Ma poi ogni sera si attacca il jack e si compie un altro piccolo miracolo.
                                                                                                                                    Donata Ricci



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