L’anno
scolastico 1967-1968 mi condusse alla scuola media ‘Augusto Righi’, con doppio
ingresso: via Como per i maschi (foto), via Rainoldi per le femmine. Una sola sezione
era mista, quella dove stava il mio amico Gigi Alberti, che invidiavo. Non
avevano ancora edificato la media Salvemini di via Brunico, che per me sarebbe
stata più comoda, quindi la Righi era la scuola più vicina. Ci andavo a piedi.
Alle medie principiò quella che sarebbe stata una mia caratteristica, così
denunciata dai prof: “Bravo, sì, ma potrebbe fare di più.” In effetti la
passione per la ginnastica artistica e per lo sport in generale mi stava
coinvolgendo, rendendo meno appetibile la fatica dello studio. Per dirla in
pillole: sognavo di andare alle Olimpiadi, non di diventare un cervellone, un
luminare. Ritrovai molti compagni delle elementari, fra i quali quel Massimo
Bertottilli, mio amico del cuore. Tutte le mattine passavo da casa sua (abitava
in via Cairoli, in un palazzo di nuova costruzione), salivo su all’ultimo
piano, entravo, oppure lui mi raggiungeva sotto. Era una famiglia benestante,
nutrivo una certa soggezione. Suo fratello, di qualche anno più grande di noi,
portava i capelli molto lunghi, vestiva con tuniche, pareva Gesù di Nazareth.
Fu tra i primi ‘capelloni sessantottini’ di Varese.
11-continua
"sessantottini" va bene ma perché "cappelloni" che il cappello non lo portava nessuno?
RispondiEliminasi in effetti ho messo una p in più..capelloni!!!!
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