Senz’altro
in prima e seconda elementare usavamo per scrivere la penna-cannuccia col pennino.
Ricordo almeno tre tipi di pennini: quello a forma di Tour Eiffel, quello
diritto e quello a forma di cuore, il mio preferito (vedi foto, anche se il mio
era di color argento). I banchi avevano il calamaio, e quando l’inchiostro era
finito si chiamava il mitico bidello Venzin, alto, magro, naso lungo, che
arrivava con la bottiglia dell’inchiostro e uno straccio per pulire le gocce.
Ricordo che il calamaio aveva un coperchietto rosso, per chiudere e non far
evaporare il liquido nero. Con Venzin lavorava da bidella anche la moglie, bassa
e con problemi di udito. Erano anche i custodi della scuola. Nel quaderno
avevamo sempre la carta assorbente, da utilizzare dopo la scrittura, per non sporcare
la pagina. Non ricordo esattamente quando passammo alla stilografica con
inchiostro incorporato, credo in quarta o in quinta elementare. Della refezione
ricordo la pastasciutta a forma di conchiglia, con il grana attaccaticcio,
servita nelle scodelle, e una ragazza più grande di me. Ricordo il profumo del
suo grembiule bianco. Ricordo che dopo mangiato, se lei sedeva vicino a me, io
reclinavo la testa sulle sue gambe. Era un po’ mamma un po’ ragazza, della quale
certamente e segretamente mi innamorai.
6-continua
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