mercoledì 9 novembre 2016

Ciao, Amelie


Non bisognerebbe dare troppa enfasi alla morte di un gatto. Muoiono bimbi di fame, annegati, strazio incommensurabile. Un gatto è un gatto. Un animale, al servizio dell’uomo. Ma quando muore il tuo gatto un po’ soffri, anche a non volerlo. Amelie è arrivata nella nostra casa nell’ottobre del 2005: era lunga come una piastrella della cucina. Ci è rimasta sino ad oggi, 11 anni. Stava sempre in casa, per nostra scelta, ma non aveva perso la sua indole felina e selvatica. Non era una gatta affettuosa, non si faceva accarezzare, ci ha distrutto un divano e altre parti della casa. Però le abbiamo voluto bene. A me, più spesso in casa, toccava accudirla: anche per questo mi veniva spontaneo difenderla, quando era accusata (non ingiustamente) di dolo. Negli ultimi tempi, quando ha sentito crescere il male, si è fatta più quieta, più disposta alle coccole, meno scontrosa. Oggi, nel tardo pomeriggio, l’ho portata dal mio amico veterinario Giuseppe detto Dino: il male era incurabile, leggevo nei suoi occhi troppa sofferenza. Agli animali l’eutanasia è concessa. Una puntura, Amelie si è addormentata. Non sono rimasto per la seconda puntura. 
Benché possa apparire esagerato, questa casa stasera è più vuota.     

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