ph carlozanzi
Il
Roberto Vecchioni che ho conosciuto ieri, domenica 6 novembre 2016, a Varese,
giunto a ritirare il ‘Premio Chiara-Le parole della musica’, mi è parso assai
lontano da un noioso prof di greco e latino, un’idea che mi era nata non
conoscendolo, e ascoltando alcune sue canzoni. Mi ero preparato, sbirciando su
Wikipedia la sua intensa carriera, 73 anni giocati fra insegnamento, canzoni scritte
e cantate, libri, tour, quattro figli, una moglie, vittorie nei premi canori
più importanti…tanti dischi venduti….Mi è parso un tipo un po’ colto sì, ma
soprattutto simpatico, spigliato, con una esagerata voglia di vivere. Capace
anche di mettere alla berlina i suoi difetti, i suoi limiti, come quando spiega
la genesi del suo ultimo libro, ‘La vita che si ama’ (Einaudi), nato per
rispondere alla domanda di una sua figlia trentenne. Un giorno, bevendo il
caffè, la ragazza gli disse: “Ma papà, che tipo sei? Sì, ce lo devi spiegare,
perché noi ti vediamo in pubblico, spigliato, sicuro, che canti, che parli, applaudito,
ammirato..poi a casa stai lì, in silenzio, quasi annoiato..scusa se te lo dico,
ma sembri un po’ un coglione!” E allora Vecchioni, dice: “Alto là, vi devo una
spiegazione..ora la scrivo.” Così nasce il libro, autobiografico. Capace, Vecchioni,
di sputtanare anche il padre, “un pazzo puttaniere”, ma insieme di amarlo, come
la madre, come la vita. Un bel tipo Vecchioni:
valeva la pena salire alle Ville Ponti, per incontrarlo.
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