Da
ragazzino spesso, soprattutto mia madre, mi chiamavano ‘ometto’, cioè piccolo
uomo, in senso (ora dico falsamente) positivo: un ragazzo obbediente, serio,
con la testa sulle spalle nell’età che prevederebbe una testa altrove (in foto, 11 anni, 1967). Ho l’impressione
che chi è ometto da piccolo lo resti anche da grande, questa volta in senso
realmente negativo, cioè un piccolo uomo non in sintonia con i tempi: era
vecchio quando avrebbe dovuto essere giovane, e giovane quando dovrebbe essere
saggiamente adulto. Ogni età ha la sua modalità, i suoi percorsi, le sue
esperienze, le sue tappe: chi salta una tappa resta un mancante.
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