sabato 1 aprile 2017

Ines & Mario story - 64


                                              Piazza del Littorio a Varese-Casbeno, negli anni Venti, quando scrive il suo diario mia zia Ines (foto Morbelli)



Continuando nella lettura del primo quaderno dei diari di mia zia Ines, noto che la scrittura si fa meno continua, passano mesi senza nessun appunto. Fra le novità, scopro che la nonna vive a Varese e non a Masnago, probabilmente da sola. Inoltre i miei nonni in via San Martino avevano il pollaio, dato che per il Natale del 1925 vengono sacrificati i due galli del pollaio di famiglia. Nell’estate del 1924 o 1925 (non si capisce bene) mia zia andò per almeno un mese a Salsomaggiore, e non si capisce se per vacanza o per curare non si sa quale malattia. Parla molto bene della città termale, e si rincresce di non aver visitato il Palazzo Berzieri, dove ancora si reca per i suoi bagni la Regina Madre Margherita di Savoia, che morirà nel 1926. Dopo Salsomaggiore Ines è in agosto a Cuasso al Monte, e anche qui non si sa se in vacanza o per cura. Il 14 settembre tornerà a Varese. Il Natale del 1925 nevica a Varese.
Scrive mia zia Ines nel suo diario, in data 1 gennaio 1926:
Un nuovo anno si inizia! Sarà questo apportatore di gioia o di dolori?’
Quel primo gennaio sarà di pessimo umore, molto malinconica. Il 10 gennaio parla della tragica morte di un angioletto di due anni e mezzo, stroncato dalla meningite.
Mia zia Ines (e in ciò le somiglio) è incline alla malinconia, e ne dà ampia prova in ciò che scrive in data 28 gennaio 1926, rivolgendosi alla sua cara amica Germana, che ha lasciato Masnago per andare a Milano ad assistere i genitori malati:
‘E…il bello verrà poi…disse Mussolini. Ma per noi credo che il bello sia ormai passato. Il bello per noi fu. Ricordi Germana le belle giornate passate in aperta campagna negli anni belli, quando nessuno fino allora era sorto sul nostro cammino. Io credo proprio che codesti tempi non tornino più e la terribile pessimista vede tutto nero nero e brancola così in un buco profondo sempre temendo la catastrofe finale, quella che spezzerà per sempre il suo povero cuore. Ah mia Germana è orribile quello che io dico e rabbrividisco ma pure deve avvenire. Quando un giorno ci incontreremo povere vecchie ricorderemo ancora quelle che furono le nostre prime speranze. Tu sai Germana quanto io sia sfortunata su tutto ciò che mi è maggiormente caro. Io t’amavo tanto tanto, io avevo e vedevo in te la sola confidente, la sola capace a comprendere le mie debolezze e il destino ci volle separate e così per tutto ciò che amo, per tutto ciò che prendo a cuore.’

64-continua



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