Sempre
nel 1996 iniziavo la scrittura di un nuovo romanzo. Stavo vivendo intensamente
l’esperienza di padre di tre ragazze, volevo mettere a frutto anche le
conoscenze che andavo sommando dell’ambiente della politica, del giornalismo.
Ne uscirà un lavoro che, nel corso degli anni, vedrà diverse rivisitazioni e
aggiustamenti. Un vecchio, alla fine dei suoi giorni, rilegge la sua vita.
Partito con il titolo ‘Cronache familiari’, diventerà ‘Il fragile guscio della
notte’ e infine ‘I quaderni dei padri’. Un testo che, riletto oggi, non mi
convince. Ma non convinse nemmeno i pochi editori, forse uno soltanto, che lo
lessero allora. Ora è qui, insieme ad altri miei inediti, nella terra di
nessuno, né carne né pesce, testimone di una pausa nella mia creatività. Dopo
la crescita (riconosciuta da altri, oltre che da me) nei miei primi lavori, ora
lo stile si blocca. Vivo di rendita, ma la rendita rende poco.
Rileggo
oggi, anche con nostalgia, la leggera che mi inviò l’amico Gino Montesanto il
16 gennaio 1997. Lo scrittore romano era ‘stanco’ di raccogliere i miei dubbi,
e un po’ si sfoga:
Senti, caro Carlo, tu
hai qualità di narratore e lo sai. Hai un solo grave difetto: che a
volte ti perdi a moraleggiare. Invece di pensare a dare situazioni, a
descrivere dentro e fuori personaggi, paesaggi, luoghi ti metti a discettare su
motivi che sono estranei alla narrazione. Il tuo protagonista del momento è un
cristiano, un cattolico, un bigotto, un miscredente, un agnostico? Bene, daccelo,
descrivilo, entra dentro di lui con situazioni narrative, con fatti
da raccontare, daccelo nei suoi momenti di crisi e di esaltazione
o di routine ma non moraleggiare mai. (Altro è fare i moralisti e altro la
morale. Chiaro?) Se mi dai ascolto, magari quando sarò morto, scriverai un
testo più bello di tutti gli altri. Ma avrei però piacere di leggerlo io:
quindi, sbrigati! Il romanzo è un orologio: montalo e poi fallo funzionare. Il
racconto è più facile, impegna meno l’ingegneria costruttiva. Ma scrivi e lasciati
andare. Ripeto e smetto: qualità ne hai, non sprecarle. E metti in seconda
fila il motivo ‘missionario’, tanto la tua sensibilità è quel che è e la voglia
di ‘far del bene’ non la perderai! …..Voglio dire: i valori della vita nei
quali credi non potranno non venire fuori anche se non li sbandieri. Devi
soltanto raccontare con passione, con garbo, con rabbia fatti in
cui qualcuno di tali valori si esemplifica, magari a metà, o un pochino
soltanto. O niente. Solo un minimo di abilità a sceglierti protagonista e
antagonista. E adesso basta a fare il pedagogo! Ma mi sono permesso di farlo
ancora, con te, perché, ripeto, le qualità del narratore le hai. Sono qualità,
almeno qui da noi, abbastanza rare e non devi sprecarle. Tanto più che
sei un cristiano e viviamo in un mondo post-cristiano o peggio ancora. Ciao, buon
lavoro, un cordiale saluto.
Tuo
Gino Montesanto
Roma, 16/1797
47-continua
Nessun commento:
Posta un commento