Piero Chiara fotografato da Franco Pontiggia
Sempre
in questo periodo, metà anni Novanta, è da collocare il mio interesse per lo
scrittore Piero Chiara, che già avevo incontrato anni prima ma che avevo allora
sottostimato. Seguire il Premio nato a suo nome ha certo contribuito a
stimolare la lettura dei suoi romanzi e dei suoi racconti, che ho via via
apprezzato sia per lo stile di scrittura che per i contenuti. In effetti, anche
se molto lentamente, stavo spostando il baricentro del mio interesse letterario
e, più alla larga, esistenziale. I dubbi su Dio aumentavano, nonostante
l’approfondimento e la preghiera; la Sua Presenza era viva in me, non l’ho
certo abbandonato, ma insieme cresceva il mio interesse per l’uomo, soprattutto
l’uomo che ama, e dall’amore non sempre è ripagato. L’uomo che tradisce, l’uomo
che segue l’istinto più che la ragione, l’uomo appassionato, l’uomo nella sua
completezza, unità di corpo e spirito. Mi interessavano le diverse sfumature
dell’amore, la pluralità di comportamenti che nascevano sotto il tetto della
medesima parola. Nel giro di poco tempo
ho letto molta narrativa dello scrittore luinese. E’ cresciuto il mio interesse
anche per un’altra scrittrice, milanese di nascita e gallaratese di adozione:
Marta Morazzoni. Due scrittori non propriamente cattolici, ottimi narratori,
maestri per la mia scrittura alla ricerca di una sua peculiarità. E ogni tanto
scrivevo un racconto di poche pagine, cercando di variare lo stile, di
sperimentare, introducendo per la prima volta l’ironia, del tutto assente nei
miei primi lavori.
51-continua
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