Portata
a compimento la fatica della maturità, cosa avrei fatto da grande? Tre le
ipotesi: giornalista, medico o prof. di ginnastica. Abbandonati i sogni di gloria
olimpici, avrei voluto comunque rimanere nel mio ambiente naturale, cioè lo
sport: giornalista sportivo, medico sportivo, prof. di ginnastica. La prima
testa a cadere fu quella del giornalista, e non so il perché. Mi concentrai
sulle restanti due ipotesi. Fare il medico mi avrebbe chiesto molti anni di impegno
e dedizione, studio in abbondanza….me la sentivo? Mi agganciai al fatto che in
quegli anni era nata la Facoltà di Medicina a Varese, ma le voci erano
preoccupanti: troppi iscritti a medicina, ci sarà il pane per tutti? L’incertezza
del futuro mi indicò la via dell’insegnamento: lì il posto ci sarebbe stato
senz’altro, soprattutto come prof. di ginnastica. Ogni dubbio svanì quando
andai a parlare con la mia amica Manuela Catella, che già frequentava l’Isef
alla Cattolica. Fu convincente. Inoltre lì insegnava il prof. Raimondo
Albricci, già mio allenatore in varesina nonché prof. al Classico. Mi illusi di
mantenere la porta aperta per medicina: dopo tre anni di Isef e una professione
assicurata, la pagnotta nella madia, avrei sempre potuto iscrivermi a Medicina
e frequentarla come studente-lavoratore. Mi rassicurai e corsi ad iscrivermi al
Concorso Isef: già, c’era il numero chiuso, un concorso da superare e molti
iscritti. Ma ero sicuro dei miei mezzi, quindi partii lancia in resta. Tema,
test psicoattitudinali e la prova pratica. Sinceramente mi attendevo una
migliore posizione in classifica generale, arrivai nel mezzo ma fu più che
sufficiente per aprirmi le porte dell’Istituto Superiore di Educazione Fisica (in foto, prove di atletica al 'Fenaroli', più o meno nei miei anni. Lo riconosco dalla borsa nera ISEF, uguale alla mia.)
24-continua
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