........Romano fissava la lampadina
che pendeva sopra il suo naso. Era indeciso se alzarsi a spegnere la luce o
starsene lì sotto; si sarebbe alzato solo per uno scrupolo da ecologista. Vide
il vecchio lampadario dondolare, adagio, movimenti sempre più ampi. E col
dondolio un rumore profondo, come di tuono prolungato, che non si risolve nel
silenzio. Vide aprirsi una crepa sul soffitto, si voltò verso Roberta, la toccò
per svegliarla. Quando la ragazza soffiò adagio adagio un ‘Che c’è?’ il letto
tremava, il comò si era spostato dal
muro, la specchiera era caduta a terra con un fracasso di vetri che svegliò la
ragazza. Capì che qualcosa di grave stava succedendo, un risveglio incredibile.
Romano era nel panico, perse
il controllo, con il terrone nel corpo inquieto: “Cazzo…cazzo…” urlò, buttando
via il lenzuolo e la coperta come fossero di fuoco.
“Terremoto” gridò lei.
I primi calcinacci si
staccarono dal soffitto finendo sul letto: sottili, solo polvere. La luce si
spense. Nel buio il ringhio del terremoto era atroce, rumore amplificato dalle
suppellettili che cadevano, dai pezzi di muro e di soffitto che finivano sul
pavimento, sul letto.
Senza ragionamento, Romano
strinse un braccio di Roberta e la trascinò giù dal letto, tirandola verso la
porta e l’uscita, ma inciampò subito nel buio. Cadde e cadde anche lei. Si alzò
e sentì un rumore secco davanti a lui, tastò, capì che doveva essere la porta
della camera. Fece per rimettersi in piedi, urlò: “Usciamo!” ma venne investito
dalla parete, che si sbriciolava davanti a lui. Roberta piangeva e si lamentava
per le prime ferite. Strappò dal letto la coperta e il lenzuolo, si fasciò,
gridò che dovevano scappare sotto il letto, stava venendo giù il soffitto. Di
fianco era tutto bloccato dalle rovine della casa. Riuscirono a infilarsi
sotto, trovando un varco sul davanti. Si
rannicchiarono, si fasciarono nei pezzi di tela. Avevano in bocca polvere e
piccole scaglie di mattone. Roberta provava un dolore fortissimo al braccio
destro. Romano pensò che era la fine. Intorno a loro la terra ruggiva, esalando
odori nauseabondi. Un peso li schiacciò, riducendo lo spazio e appiattendoli a
terra. Romano si riparò la testa, picchiò il mento, il naso, la bocca sul
pavimento, lercio per l’incuria di mesi. Avvertì un dolore insopportabile ai
denti. Roberta si sentì oppressa, non
riusciva a respirare, sentì il potere della morte nel suo corpo, perse i sensi.
Romano, ferito e cosciente,
capì che la pressione della casa sopra di lui aumentava lentamente, il rumore
perdeva potenza. Arrivò il silenzio. Un conato di vomito gli si bloccò in
gola...........
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