Iniziai
con entusiasmo, desiderio di massimo impegno e un lieve timore reverenziale la
mia avventura scolastica allo storico liceo classico ‘Cairoli’ di Varese
nell’autunno del 1970. Ero nel corso C, quarta ginnasio. La nostra classe era
nell’ala vecchia. Poche ma toste materie. Un docente ci avrebbe istruiti in
italiano, latino, greco, storia e geografia, praticamente quasi tutte le
materie: un docente fondamentale. Avevamo poi matematica (solo orale), inglese,
educazione fisica e religione: stop. La professoressa fondamentale si chiamava
Golzi, magra e dall’aspetto severo. Fece subito un compitino di latino, per sondare
il nostro livello. Presi un voto assai scarso. In ben pochi raggiunsero la
sufficienza. Forse a motivo di questo fatto noi tutti gioimmo quando la Golzi ci
disse che se ne andava (probabilmente allo Scientifico). Arrivò così,
direttamente dalla Sicilia, penso con incarico di prima nomina, quindi del
tutto inesperta, la professoressa Rienzi: bassa, rotondetta, bruttina e dalla
parlata indiscutibilmente sicula. Non me ne vogliano gli amici della Trinacria,
ma questo era ciò che appariva a noi della suddetta prof. Non ci vollero che
poche ore per comprendere che era l’opposto della Golzi, e ce la ‘mangiammo’ in
men che non si dica. Oggi lo scrivo con un certo rammarico, sottolineando che
quella esperienza segnò probabilmente il mio futuro di studente, dimostrando
quanto sia importante il prof, anche per un alunno di quattordici anni. Sarò
sintetico: da quel momento, salvo due o tre eccezioni (che ancora oggi ammiro
per la loro maturità), nessuno di noi studiò più italiano, latino, greco,
storia e geografia. Per ciò che riguarda le ultime due materie, le
interrogazioni si facevano con gli atlanti tutti scritti. Per ciò che riguarda
gli scritti di latino e greco, volavano foglietti come aeroplani di carta. Le
interrogazioni orali erano facilitate dalla prof., che non era molto esigente.
Furono due anni di pacchia, che mi indirizzarono decisamente verso la mia
predisposizione sportiva. Quell’anno feci le mie prime esperienze di
trasgressione (non avevo mai copiato nulla), completate dal fatto che il nostro
compagno Antonio Valmaggia ci vendeva le Muratti e le Marlboro di contrabbando
a 120 lire il pacchetto. Fumavo (poco), mi allenavo molto e studiavo il minimo.
Lo studio era indirizzato soprattutto su matematica e inglese. Di matematica
avevamo la professoressa Gamberoni: alta, robusta, dai modi per nulla femminili,
esigente, che si ingessava tutta scrivendo alla lavagna e si puliva su un
grembiule scuro. Di inglese avevamo la professoressa Cerra, una matrona già
avanti negli anni. Pareva la regina Vittoria. Parlava a bassa voce. Di lei
ricordo due cose chiaramente: mi fece scoprire che wafers (i biscotti) non si
pronuncia vafers ma uofers, e disse a mia madre (ma eravamo in quinta ginnasio) che ero
innamorato e quindi non studiavo. In
verità non sono mai stato un asso in inglese, e infatti ecco la pagella: il
solo 6 è in lingua straniera. Abbondano i sette e gli otto. In più un bel dieci
in ginnastica, con il prof. Ottorino Girardin. In religione avevamo il prof.
Gianfranco Garancini, che parlava parlava parlava.
15-continua
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