venerdì 5 agosto 2016

La mia scuola - 15



Iniziai con entusiasmo, desiderio di massimo impegno e un lieve timore reverenziale la mia avventura scolastica allo storico liceo classico ‘Cairoli’ di Varese nell’autunno del 1970. Ero nel corso C, quarta ginnasio. La nostra classe era nell’ala vecchia. Poche ma toste materie. Un docente ci avrebbe istruiti in italiano, latino, greco, storia e geografia, praticamente quasi tutte le materie: un docente fondamentale. Avevamo poi matematica (solo orale), inglese, educazione fisica e religione: stop. La professoressa fondamentale si chiamava Golzi, magra e dall’aspetto severo. Fece subito un compitino di latino, per sondare il nostro livello. Presi un voto assai scarso. In ben pochi raggiunsero la sufficienza. Forse a motivo di questo fatto noi tutti gioimmo quando la Golzi ci disse che se ne andava (probabilmente allo Scientifico). Arrivò così, direttamente dalla Sicilia, penso con incarico di prima nomina, quindi del tutto inesperta, la professoressa Rienzi: bassa, rotondetta, bruttina e dalla parlata indiscutibilmente sicula. Non me ne vogliano gli amici della Trinacria, ma questo era ciò che appariva a noi della suddetta prof. Non ci vollero che poche ore per comprendere che era l’opposto della Golzi, e ce la ‘mangiammo’ in men che non si dica. Oggi lo scrivo con un certo rammarico, sottolineando che quella esperienza segnò probabilmente il mio futuro di studente, dimostrando quanto sia importante il prof, anche per un alunno di quattordici anni. Sarò sintetico: da quel momento, salvo due o tre eccezioni (che ancora oggi ammiro per la loro maturità), nessuno di noi studiò più italiano, latino, greco, storia e geografia. Per ciò che riguarda le ultime due materie, le interrogazioni si facevano con gli atlanti tutti scritti. Per ciò che riguarda gli scritti di latino e greco, volavano foglietti come aeroplani di carta. Le interrogazioni orali erano facilitate dalla prof., che non era molto esigente. Furono due anni di pacchia, che mi indirizzarono decisamente verso la mia predisposizione sportiva. Quell’anno feci le mie prime esperienze di trasgressione (non avevo mai copiato nulla), completate dal fatto che il nostro compagno Antonio Valmaggia ci vendeva le Muratti e le Marlboro di contrabbando a 120 lire il pacchetto. Fumavo (poco), mi allenavo molto e studiavo il minimo. Lo studio era indirizzato soprattutto su matematica e inglese. Di matematica avevamo la professoressa Gamberoni: alta,  robusta, dai modi per nulla femminili, esigente, che si ingessava tutta scrivendo alla lavagna e si puliva su un grembiule scuro. Di inglese avevamo la professoressa Cerra, una matrona già avanti negli anni. Pareva la regina Vittoria. Parlava a bassa voce. Di lei ricordo due cose chiaramente: mi fece scoprire che wafers (i biscotti) non si pronuncia vafers ma uofers, e disse a mia madre (ma eravamo in quinta ginnasio) che ero innamorato e quindi non studiavo.  In verità non sono mai stato un asso in inglese, e infatti ecco la pagella: il solo 6 è in lingua straniera. Abbondano i sette e gli otto. In più un bel dieci in ginnastica, con il prof. Ottorino Girardin. In religione avevamo il prof. Gianfranco Garancini, che parlava parlava parlava.

15-continua 

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