Come
mi piacerebbe poter dire che i conti tornano, poter rivivere quella serenità
interiore: una bella confessione, il cuore in pace, buoni propositi, la
certezza di una Nascita. Ma alla mia età non puoi far quadrare i conti con parole
e gesti rassicuranti. La mia è un’età piena di pretese. E’ un’età che fa una
gran fatica a credere a certe prediche, a chinare il capo al Mistero. Certo che
la testimonianza di Attilio, padre di Fabio, portata stamani alla Messa, 11
anni dalla morte di quel giovane figlio…certo che tutti quegli amici di Fabio
in preghiera….non che i conti tornino, ma è come se le loro mani si unissero
per farmi piegare il capo, accettare, cedere. Una resa al destino che non
capisco. Oppure mettiamola così: c’è anche un po’ di rabbia, perché la fede
forte (che vorrei) non la si acquista per volontà, non è che uno fortemente
vuole e fortemente ha fede. E’ una via diversa. E non basta neppure il bisogno
(che pure ho) di essere salvato. Certo è che, per me, i conti, neppure a
Natale, tornano. Uno alla fine li fa tornare per forza, ma è una forzatura.
Natale è, per me, un giorno come un altro, perché i miei giorni sono tutti un
po’ Natale, Pasqua, incredulità, morte, fatica e resurrezione.
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