In
un mio raccontino, dal titolo W LA MAMMA, sottolineavo il fatto che per solito
si chiama la mamma nei momenti di grave difficoltà, il suo aiuto in carne ed
ossa quando siamo piccoli, quello sperato, magari dal cielo, quando siamo
adulti. Stamani, al Sacro Monte, una coppia già in età mi ha fatto notare che
la mamma si chiama anche in altri momenti, con un’esclamazione ricorrente. Lui
a lei: “Ma quanto rompi, mamma mia!” Incurante del luogo, anziché –come si usa
fare da quelle parti- implorare la Mamma di Gesù, l’uomo ha riportato in terra
la sua di madre. E di solito il mamma mia! è a conclusione di una frase niente
affatto carina, lo sfogo finale di uno scatto d’ira. Perché mamma mia e non
papà mio? In effetti tutte quelle emme di fila rendono musicale, poetico,
immediato il ricorso alla mamma. Ma perché la si cita? La si chiama in causa?
Credo perché serve ad addolcire un po’ la cattiveria, la mancanza di
self-control. Terminare con una parolaccia allontanerebbe ancor più i due
contendenti.
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