Lo scrivo con rammarico (e anche con rispetto verso chi non può permettersi lo stress da supermercato), non vorrei succedesse questo, ma per la maggior parte di noi Natale significa anche grande cena della vigilia, grande pranzo, e poi magari ancora la cena di Natale e Santo Stefano e poi l'ultimo dell'anno e poi il Primo dell'anno e poi l'Epifania (che porta via le feste e il cibo in avanzo)....Da circa trent'anni ho la fortuna di non dovere, per forza, riempire il carrello da supermarket nei giorni prossimi al Natale. Ci pensano altri per me, che ringrazio di cuore. Ma qualche volta mi è capitato, come nel 2012. Ecco allora questo raccontino, che descrive fra l'altro la bellezza delle belle immagini (ad esempio due occhi favolosi) che non riusciamo più a gustare.
Natale
anno domini 2012
E
devo ammettere che quel tipo aveva ragione.
Ma
andiamo con ordine.
Imudapagarelievedolenziaalventrefrettaincombenteocchionervosonessunospazioallacomprensionepazienzaevaporata:
avvolto da questo parolone mi avvicinai un giorno del 2012, non lontano dal Natale,
ad un Servizio Clienti di un supermercato. Dovevo svolgere una pratica per me inutile
ma necessaria alla famiglia, avevo davanti a me tre persone. Dopodiché avevo altri tre impegni, tutti
noiosi, prima di poter accedere ad uno spazio rilassante della giornata,
condizionato però dal tempo: potevo starci dentro ma potevo anche non starci
dentro. Dipendeva anche da quei tre davanti a me.
Le
persone in questione erano in apparenza elettrizzate da nervosismo prenatalizio,
avevano premura, la data si avvicinava. Lo si capiva al volo, ma più di tutto
si annusava lo stress montante della signorina deputata a svolgere quella
mansione. Pensai che era davvero una brutta mattina per lei, e questo pensiero
mi fece capire che conservavo dell’umanità, sotto sotto. Ma non volli
mantenermi buono e guardai con astio una signora, avrà avuto settant’anni,
brutta nonostante i ritocchi, che pretendeva la massima sollecitudine per
alcuni peluche che avrebbe dovuto regalare al nipotino: non arrivavano,
nonostante le promesse. E insisteva e la
signorina al bancone manteneva la calma e spiegava che non dipendeva da lei, le
consegne erano in ritardo, tutta la città attendeva i pupazzetti felpati,
nessuno si aspettava una tale febbre, i produttori erano in ritardo con la
merce. Che si mettesse il cuore in pace. ‘Guardi, per Natale quasi certamente
arriverà.’ Ma la signora attempata tergiversava.
Guardai
l’orologio per non strozzarla. Fischiettai per non farla affogare nelle mie
male parole. Se ne andò. Ne avevo davanti altri due. Di quel passo non avrei
potuto permettermi il mio relax di fine mattina. Eppure dovevo star lì, per
evitare guai peggiori. La gente, dietro di me, spingeva carrelli vuoti e li
rispingeva verso l’uscita per lo più con merce in esubero, cibarie e altro che
smentivano le dicerie su una crisi ormai purulenta, che aveva infettato la
nazione, il continente, il mondo. Forse la gente stava imbandendo l’ultimo banchetto,
prima della carestia? Riposi la domanda e guardai davanti a me. Incredibilmente
il giovane aveva già portato a termine il suo compito. Restava un signore di
mezza età, né bello né brutto, né elegante né sciatto, un aspetto indolente e
meditativo. Si voltò verso di me, il viso era reso simpatico da un sorriso
sfumato, ma il suo dire me lo rese degno di sospetto: “Ha fretta? Vuole che le
lasci il posto?”
“Si
figuri” risposi. “Faccia pure, ho tempo.” Mentìì anche perché quella sua
inattesa gentilezza mi era parsa ironica. Avevo dunque scritto in faccia la mia
ansia? Poi avvenne questo: squillò il telefono e la signorina dell’Assistenza
Clienti dovette rispondere, intanto stava completando un lavoro in arretrato
con un altro signore, cioè pinzava alcuni fogli indicando dove doveva firmare
quel tizio che era arrivato non so da dove, cioè, riassumendo, parlava al telefono con proprietà
di linguaggio e coerenza, seguiva il signore nelle operazioni di firma e si
rivolse al tipo di mezza età davanti a me, facendogli intendere che avrebbe
potuto dar retta anche a lui. Quello si meravigliò di tanta efficienza, che
costava però alla giovane donna un viso colorito e teso, occhi inquieti, tanta
stanchezza: ed erano le nove del mattino.
L’uomo
davanti a me mi guardò, come per dire: ‘Tutto ciò è disumano.’ Attese che la
signorina finisse la telefonata e raccogliesse tutte le firme (consenso ad
utilizzare i dati, due firme per questo e tre per quell’altro) poi favorì
l’incontro dello sguardo della donna con il suo e le disse, cortese: ‘Ma lo sa
che lei ha degli occhi stupendi.’
Sentìì
distintamente quel complimento, così sincero, così corrispondente al vero. Semplice
e natalizio. Nel mentre notai un vociare d’allarme: un grasso Babbo Natale di
polistirolo che pendeva dal soffitto si era staccato e volteggiava verso terra.
Andò a finire sulla testa dell’antipatica signora settantenne, che si era
fermata a parlare con una coetanea.
“Non
è nulla” disse il signore cortese alla bella signorina. “Il polistirolo è
leggero…non si preoccupi…mi regali ancora un poco i suoi occhi.”
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