mercoledì 6 dicembre 2017

Natale -19


Se penso ai miei Natali del tempo delle scuole medie (anni 1967-1970) ho soprattutto un ricordo, un'immagine, un vissuto: io che, nella notte della vigilia, credo intorno alle 21 ma forse anche più tardi, rientro a casa dopo aver lavorato come garzone al Pastificio Bolognese, ubicato in piazza Repubblica. Le cose andavano così. La signora Luciana, moglie del Peppino (padrone del pastificio) era amica di mia mamma. Sapendo che la Ines aveva quattro figli, in salute e desiderosi di guadagnare qualche lira, soprattutto nel periodo natalizio chiedeva se eravamo disposti a fare da garzoni. 'O è così o è ancora così!' diceva mamma Ines, nell'alternativa senza alternativa di quegli anni là. Così si andava al pastificio Bolognese. Ciò che preferivo fare era consegnare i pacchetti, utilizzando il motorino Ciao (non avevo ancora 14 anni, quindi probabilmente non ero in regola per guidarlo!), mentre odiavo altri lavori, tipo togliere i fogli di sfoglia per le lasagne e i cannelloni dall'acqua bollente. Una dura gavetta, e nemmeno la paga finale (che spendevo soprattutto per comprare attrezzature per la pesca, la mia passione di allora) bastava a liberarmi da un senso di vittimismo, che mi coglieva soprattutto la vigilia di Natale, quando rientravo al buio e al freddo, senza più l'attesa del miracolo, riflettendo sul fatto che la maggioranza dei miei coetanei non doveva sottoporsi a quello stress prenatalizio e che la vita, probabilmente, non era così promettente come ci avevano fatto credere. 

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