Cosa
successe nel 1976 è presto detto. Bene o male riuscii a mettere insieme degli
esercizi ai sei attrezzi, in alcuni non avevo tutti gli elementi minimi quindi
partivo già con un punteggio molto basso. Ricordo che mi allenavo mentre frequentano
il primo anno ISEF, e il mio professore di ginnastica artistica a Milano era Raimondo
Albricci, il mio primo coach alla Varesina. Albricci, personaggio tutto
particolare, gran fumatore, secco come un bacchetto, scattante e vivace, se ne
era andato dalla Varesina sbattendo la porta (non so bene per quale motivo) e
aveva fondato la Varese 70, nella quale confluirono alcuni miei compagni di
allenamento. Io ero rimasto fedele alla Società che era stata di mio padre.
Dopo Albricci e Bruno Montuori (anche lui migrato alla Varese 70), avevo
avuto come allenatori il compianto Mario Baggioli e poi Tazio Risi, affiancato
come ‘supervisore’ da Gianfranco Orelli, che ancora tentava di gareggiare. Poi
davano i loro preziosi consigli Martino Ghezzi, il simpatico Pierino Sottocasa,
Bruno Franceschetti, lo scultore ed ex ginnasta Bennati, altri ancora. Ognuno
diceva la sua. Bene, nel 1976 vissi l’esperienza delle mie ultime due gare, la
Coppa Buriani a Milano e una Gara nazionale a Viareggio, per junior e senior.
Fra i senior ritrovavo quel Carmine Luppino, che avevo ammirato dieci anni
prima, nella nuova palestra, in allenamento collegiale insieme a Menichelli e
soci. Naturalmente le gare andarono come dovevano andare, presi punteggi bassi
e finii nel fondo della classifica, ma ero contento lo stesso, ero riuscito a
vivere l’esperienza di due gare junior, potevo chiudere se non in bellezza,
almeno dignitosamente. Mi ero illuso di poter calcare ancora le pedane, avevo
fatto del mio meglio, era evidente che più di così non potevo dare. Questione
di fisico? Diciamo che raramente un ginnasta può arrivare ad alti livelli se è
alto 1.80, ma qualcuno c’è stato, e per noi italiani il caso si chiama Igor
Cassina. Lo incontrai nel 2013, in occasione della festa per i 135 anni della
Società Varesina. Come si vede dalla foto è alto come me, ma i suoi muscoli
delle braccia e del tronco sono di ben altro livello. Ma non è solo una
questione muscolare: evidentemente difettavo anche in altri settori, e poi
(come già scritto) amavo tenere il piede in più sport, a volte arrivavo all’allenamento
già stanco (e Risi se la prendeva) perché avevo pedalato per molti chilometri,
o avevo svolto altre attività sportive. E così (agonisticamente parlando) non
si va da nessuna parte.
22-continua
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