Il
ritorno alla normalità, dopo un anno fuori dal mondo, l’inizio dell’insegnamento
alla scuola media Bossi di Arcisate, i preparativi per il matrimonio, la
partecipazione attiva alla vita della comunità Shalom, tutto questo ben di Dio
ridussero drasticamente la mia pratica sportiva. A parte una sporadica slittata
a Livo (foto), dedicavo del tempo allo sport soprattutto dopo gli allenamenti
con i ragazzi alla Varesina. Ripresi la mia corsa verso Capolago da via dei
Boderi: una mezz’oretta non di più. La bici la usavo principalmente per andare
a scuola, ad Arcisate, mantenendo un po’ la gamba sulla salita dei Mulini
Grassi, a partire dal 1981, cioè dopo il matrimonio, con il cambio di residenza
e l’abitazione a Sant’Ambrogio, ai piedi delle mie amate montagne. Niente più
sci, niente nuoto, qualche partitella giovani contro vecchi a calcio o a
basket, nel campo dell’oratorio di Biumo Inferiore oppure nel campetto in erba
degli Alberti. Qualche partita coi ragazzi a scuola, e l’estate, con le
passeggiate in montagna: Macugnaga, Val Gardena, Lignod, Foppolo, Alpe Motta,
Passo Oclini, Telves in Val Ridanna. Andavo anche al mare, ma il mio nuoto
stentato non mi permetteva lunghe e gratificanti nuotate. Correvo però sul
bagnasciuga. La nascita delle bambine e la passione per la scrittura ridussero
ulteriormente lo spazio per lo sport, che per una quindicina d’anni, diciamo
dal 1980 al 1995, fu messo nel cassetto. Ricordo, a proposito del nuoto, che
nell’estate del 1984 Carla ed io andavamo a nuotare alla piscina di Induno: lei
a dorso andava alla mia stessa velocità in stile, il che la dice lunga sulle
mie prestazioni in acqua. Rispetto alla bici, cominciai a portare sulla bici le
bimbe, pedalavo per chilometri con le mie figlie sul seggiolino, ma mi pare
eccessivo classificare questa attività come pratica sportiva.
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