Fra
la prima e la seconda elementare, in quell’estate-autunno, cioè nel 1963, a
sette anni, in me si è verificata una piccola-grande rivoluzione. Non so ancora
se giudicarla positiva o negativa, certamente in quel cambiamento ho lasciato
una parte di spontaneità, di ‘immediatezza istintiva’, e ho indossato i panni
del bravo bambino. Le continue sgridate e anche le botte (diciamolo), ricevute
dai miei genitori, hanno logorato assai presto la mia resistenza alla ‘bontà’,
sicché cedetti e mi imposi che sarei stato obbediente, studioso, servizievole…E
naturalmente Dio, la religione, la Chiesa venivano a rafforzare, a convalidare
le raccomandazioni, i desideri di mio padre e di mia madre. La religione
divenne un nuovo, potente spunto per essere buoni. Fu in quel periodo che
scelsi di fare il chierichetto (purtroppo non ho nessuna foto con veste e cotta
bianca). Di quel mio servizio alla Chiesa cattolica ricordo soprattutto la
sberla ricevuta da don Umberto Zerbi durante una Messa alla Madonnina (avevo
fatto cadere non so se l’acqua o il vino) e le sere invernali, passate ad accompagnare
il sacerdote nella benedizione delle case. Sere che terminavano spesso (lato
positivo del credere in Dio), grazie alle mance ricevute, con un lussuoso cono
di panna montata e cannella (costo Lire 50), acquistato nel piccolo negozietto
Brenna, a Biumo Inferiore. E fu in quel periodo che mia mamma, notando il mio
cambiamento e il mio viso alla Domenico Savio, si mise in mente che in fondo un figlio
sacerdote sarebbe stata una grazia per tutti. E un degno futuro per me. Ipotesi
che –ringraziando Dio- non ho mai preso seriamente in considerazione. Nella
foto sono in seconda elementare, già ‘rinnovato’.
4-continua
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