martedì 10 maggio 2016

Il mio sport - 71




Galvanizzato (diciamo pure gasato) dalla bella prova al Triathlon Olimpiaco di Bardolino, e poiché mi trovavo in vacanza a Livigno, decisi di iscrivermi alla Pedalèda, una blasonata gara di mountain-bike che si svolgeva da anni su al Piccolo Tibet lombardo. La gara era in programma domenica 8 luglio 2001, oltre 40 km su percorso assai impegnativo, che provai in quei giorni, salendo anche al Passo della Forcola (vedi foto). Il sabato precedente volavano nubi basse, c’era pioggia e 7° alle 21, con temperature più basse durante la notte. Ma al mattino il meteo era variabile e la gara partì, con qualche km in meno (38 km) causa lieve dissesto idrogeologico in alcuni tratti. Partii tranquillo ed emozionato: era la mia prima gara di mtb (a parte una Tre Brinzio, con la vecchia mtb dell’Iper che rischiava di rompersi ad ogni salto). Tutto bene sino ad un insidioso ponticello in legno, che giungeva dopo una discesa e su una curva a destra. Non notai gli inviti a rallentare da parte degli organizzatori. Il ponticello aveva ancora tracce di ghiaccio della notte precedente. In entrata scivolai e le corna del manubrio mi colpirono la gabbia toracica. Sentii un forte dolore, ma ero caldo e con molta adrenalina in corpo, quindi proseguii, concludendo la prova in due ore, 25’ e 11”. Arrivai 230° su 350: non male. Vinse fra le donne la mitica Maria Canins, e fra gli uomini Marzio Deho in un’ora, 30’ e 32”. Naturalmente, dopo la doccia e a freddo (foto) il dolore al torace comparve in tutta la sua villania. Mi durò un paio di mesi, rendendo difficile il nuoto quell’estate. Ma certamente rifarei quella Pedalèda, che resta l’unica della mia breve carriera di corridore in mtb.  

71-continua

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