Galvanizzato
(diciamo pure gasato) dalla bella prova al Triathlon Olimpiaco di Bardolino, e
poiché mi trovavo in vacanza a Livigno, decisi di iscrivermi alla Pedalèda, una
blasonata gara di mountain-bike che si svolgeva da anni su al Piccolo Tibet
lombardo. La gara era in programma domenica 8 luglio 2001, oltre 40 km su percorso
assai impegnativo, che provai in quei giorni, salendo anche al Passo della
Forcola (vedi foto). Il sabato precedente volavano nubi basse, c’era pioggia e
7° alle 21, con temperature più basse durante la notte. Ma al mattino il meteo
era variabile e la gara partì, con qualche km in meno (38 km) causa lieve
dissesto idrogeologico in alcuni tratti. Partii tranquillo ed emozionato: era
la mia prima gara di mtb (a parte una Tre Brinzio, con la vecchia mtb dell’Iper
che rischiava di rompersi ad ogni salto). Tutto bene sino ad un insidioso
ponticello in legno, che giungeva dopo una discesa e su una curva a destra. Non
notai gli inviti a rallentare da parte degli organizzatori. Il ponticello aveva
ancora tracce di ghiaccio della notte precedente. In entrata scivolai e le
corna del manubrio mi colpirono la gabbia toracica. Sentii un forte dolore, ma
ero caldo e con molta adrenalina in corpo, quindi proseguii, concludendo la
prova in due ore, 25’ e 11”. Arrivai 230° su 350: non male. Vinse fra le donne
la mitica Maria Canins, e fra gli uomini Marzio Deho in un’ora, 30’ e 32”.
Naturalmente, dopo la doccia e a freddo (foto) il dolore al torace comparve in
tutta la sua villania. Mi durò un paio di mesi, rendendo difficile il nuoto
quell’estate. Ma certamente rifarei quella Pedalèda, che resta l’unica della
mia breve carriera di corridore in mtb.
71-continua
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