martedì 16 febbraio 2016

La mia scrittura - 26


Diciamo prima chi è Gino Montesanto, ignoto ai più, eppure fra gli scrittori cattolici italiani più importanti del dopoguerra, tre volte vincitore del premio Selezione Campiello (La cupola nel 1966, Il figlio nel 1975 e Così non sia nel 1985). Veneziano di nascita, romagnolo-romano di adozione, Montesanto è stato anche giornalista e ha collaborato a lungo con la Rai, ha fondato e diretto riviste letterarie. Uno scrittore serio, un narratore professionista. Di uno come lui avevo bisogno, e ho avuto la fortuna di trovarlo. Come? Facciamo un passo indietro. Grazie alla mia nuova esperienza al Luce ho avuto modo fra l’altro di seguire l’avventura del Premio letterario dedicato a Piero Chiara, nato alla fine degli anni Ottanta grazie a Max Lodi, Pierfausto Vedani e all’assessore alla cultura Antonio De Feo. E Gino Montesanto venne chiamato proprio nella Giuria del Premio, insieme ad altri uomini di cultura di fama, fra i quali Fernanda Pivano e Raffaele Nigro. Avevo questo romanzo, ormai diventato racconto lungo dopo le molte rivisitazioni. Avevo scritto anche alcuni racconti, perché ormai ero dell’idea che sarebbe stato meglio pubblicare una raccolta di racconti (ingolosito anche dal fatto che avrei potuto partecipare proprio al Premio Chiara, destinato a raccolte di racconti). Chiesi allora a Pierfausto Vedani se potesse farmi incontrare qualche giurato del Premio, e lui mi indicò subito Montesanto. “Ne parlo io con Gino” mi disse nella primavera del 1993, e così fece. Incontrai Montesanto ai Giardini Pubblici durante una delle manifestazioni del Premio, gli parlai, gli feci avere il mio dattiloscritto. E lui lo lesse. Dopo qualche tempo ci incontrammo di nuovo e mi fece capire che era rimasto soddisfatto dalla mia scrittura.


26-continua

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