Il
periodo 1988-1989 della mia vita non può certo definirsi poco intenso, sotto
diversi punti di vista. E lo saranno anche gli anni successivi. Restando alla
scrittura, oltre al mio primo romanzo e all’inizio dell’avventura
giornalistica, scrivevo regolarmente lettere a mia madre, tenendo viva una presenza
mai venuta meno. Contemporaneamente approfondivo il tema della sofferenza,
della morte, di satana, tanto da sentire il desiderio di riassumere i miei ‘studi’
(definiamoli così, con temerarietà) in uno scritto, destinato ai miei amici. In
quel periodo ero animato da un forte desiderio di cambiare il mondo, la mia
fede nel Signore Gesù era convinta, anche se cominciava a scricchiolare. Ma non
me ne rendevo conto. L’esperienza del miracolo della vita (le mie due bimbe, Valentina
e Maddalena), il cammino nella Comunità Shalom che continuava nella sua
originalità e mi coinvolgeva, il mio lavoro di docente e questo nuovo dono
della scrittura riempivano le mie giornate. La scrittura, poi, mi regalava il
privilegio della comunicazione, così vilipesa dal mio carattere poco incline al
dialogo.
Così
iniziavo quelle mie settanta cartelle dattiloscritte (vedi foto):
‘….Ho trovato chi dà
senso a tutto….Sono convinto di aver trovato un amico vero…Ho cercato questo
compagno, ne avevo bisogno e l’ho scoperto in Gesù di Nazareth….Mi sembrava
ingiusto tenere tutto il tesoro senza condividerlo con gli amici…’
Quel
mio scritto, che intitolai ‘In cammino con il Signore della Vita’, non era
certo un saggio teologico, ma nemmeno solo uno scritto esperienziale,
confidenziale, un diario. Vi sono parecchie citazioni bibliche, di teologi, di
Papi, di autori che hanno affrontato il tema del dolore, del senso della vita.
Lo definirei né carne né pesce, quindi ben difficile da collocare in una
collana, o comunque da sperare in una pubblicazione. Naturalmente non tenni il
dattiloscritto nel cassetto, e cercai fra gli editori cattolici. Ne contattai
parecchi, credo una decina, ma nessuno si dimostrò disposto alla pubblicazione.
Sicché il dattiloscritto è inedito, riposto in una bella cartelletta azzurra,
pronto ad essere valorizzato quando diventerò famoso. Ironia a parte, è uno
scritto sincero, con una documentazione insufficiente ma seria, che arriva
sostanzialmente ad una conclusione: Dio è il Dio della vita e non della morte.
Dio è il Padre buono che aiuta, non il Padre che vuole la sofferenza per i suoi
figli. Il mio tentativo è di scagionare Dio dall’accusa di essere il padrone
della morte, e per questo faccio mia la frase di San Paolo ai Corinzi: ‘L’ultimo
nemico ad essere annientato sarà la morte…’ Se la morte è un nemico, non può
certo venire da Dio. E allora, chi è il padrone della morte? Satana? Non avevo
una risposta allora, non l’ho oggi. La riflessione, il tormento, il dubbio, il
mistero si mantengono tali e quali, a trent’anni di distanza.
20-continua
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